Il Credo in arabo

E’ possibile occuparsi degli aspetti culturali e politici che condizionano il sistema di governo di un paese senza tenere nella dovuta considerazione quanto e come questi aspetti siano vissuti e partecipati dall’elemento femminile, cioè – per dirla con Mao - dalla cosiddetta “altra metà del cielo”?
E’ possibile condurre uno studio sullo stato attuale della democrazia all’interno del mondo islamico senza considerare il ruolo che all’interno della famiglia, del sistema educativo, della tutela dei minori, delle relazioni tra adulti e con le istituzioni culturali e religiose, svolgono le donne?
La donna islamica rappresenta nell’immaginario collettivo del mondo occidentale fondamentalmente, se non esclusivamente, il soggetto sociale paradigma della mancata realizzazione della democrazia e dell’uguaglianza di genere. Nulla che possa ricondurre all’interno delle riflessioni il protagonismo politico che, più o meno direttamente, le donne riescono a dispiegare all’interno dei grandi processi di mutamento sociale e politico. Impegno e protagonismo che da sempre le donne hanno saputo manifestare.
Basta leggere le fitte e ricche pagine che Jules Michelet, a metà del XIX secolo, tracciò con appassionata dedizione alle donne protagoniste della Rivoluzione francese per rendersi conto - proprio per la variegata natura dei ceti sociali di provenienza (dai ricchi salotti ai banconi di pesce delle Halles) - che l’elemento femminile riversa immancabilmente il proprio cuore, l’ansia e la tensione responsabile di chi deve curarsi dei bisogni primari della famiglia laddove l’uomo può consentirsi il lusso ed il piacere del pubblico agone politico-rappresentativo.
Oggi è diverso? Forse si, ma nel senso che l’impegno della donna si è fatto via via sempre più sistematico e consapevole.
E’ diverso nel mondo islamico? Forse si, ma nel senso che occorre confrontarsi con un ambito culturale che a tratti ci appare sfuggente e comunque assai diverso.
Appare propedeutico chiedersi che cos’è la Democrazia, e se esiste una sola declinazione politica o se ne possono scoprire tante forme. E’ pensabile una democrazia nei Paesi musulmani? Per affrontare il problema della democrazia nel mondo musulmano sembra necessario prendere le distanze da affermazioni che, pericolosamente semplificate, come nel caso dello scontro di civiltà del “teorema Huntington”, rischiano di mistificare la realtà e ingenerare fermenti di incomprensione, di indifferenza e di emarginazione.
E i Diritti delle donne, sono anch’essi valori sufficientemente condivisibili dal mondo occidentale e da quello islamico, da società cioè diversamente organizzate dal punto di vista politico culturale e religioso?
La storia ci ha sempre narrato di quanto e come il potere religioso abbia rappresentato un reale e concreto ostacolo al mutamento del potere politico in senso progressista . Ma secolarismo e democrazia non sono la stessa faccia della medaglia; è dunque pensabile che anche l’Islam potrà essere democratico. La necessità di traghettare verso un nuovo secolarismo (il filosofo Habermas avanza l’ipotesi di un post-secolarismo) prospetta, l’idea di un possibile ruolo positivo della religione nello spazio pubblico; un’idea che non è eccezionalmente e unicamente islamica ma investe tutte le religioni e, dunque, anche il sedicente laico Occidente.
Una società è democratica se è libera di autodeterminarsi, eleggendo liberamente e senza condizionamenti i propri rappresentanti, anche se esponenti di partiti contigui ovvero legati a comunità religiose. Tale principio, ovviamente, ha diritto di cittadinanza sia all’interno delle democrazie occidentali sia all’interno dei sistemi democratici in divenire, compreso i paesi islamici. Capita, anche, che gruppi maggioritari all’interno di sistemi democratici - e, quindi, legittimati dal consenso elettorale - riducano lo spazio del pluralismo e del confronto democratico. La libertà è un’idea/valore non solo per l’Occidente.

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