Il liceo classico deve morire

Luglio 2006. L’Italia sta per vincere i Mondiali, Miley Cyrus debutta come Hannah Montana e un pallido Luca Murphy si siede davanti alla commissione per sostenere l’orale di maturità nel bizzarro liceo classico Galilei di Pisa, un edificio decrepito in cui sono ormai rimaste solo tre classi, poiché le altre ventidue sono state trasferite in uno stabile non lontano e soprattutto non pericolante. Dopo nove mesi di conto alla rovescia per la tanto attesa libertà, deve ottenere almeno 80 su 100 per essere ammesso all’Università di Londra, un traguardo quasi impossibile in una classe che ha fatto dello spirito di competizione il suo vanto e con un corpo docenti annoiato e, se possibile, sadico. Quella che sembra a tutti gli effetti una situazione disperata, però, Luca la affronta quasi sempre col sorriso e vive con mal riposta leggerezza i vari drammi adolescenziali, i cattivi voti in greco e le audaci relazioni proibite (dei suoi amici, perché Luca non se lo filava nessuno). Tra amori che nascono e vecchie storie che finiscono, pettegolezzi, la gita di terza, amicizie e piccoli e grandi sgarbi, Il liceo classico deve morire è la testimonianza ironica e autobiografica di un classicista pentito che racconta, senza peli sulla lingua ma con un po’ di nostalgia, la vita degli adolescenti fuori e dentro le mura del liceo.

Il giorno dopo avrebbero saputo con certezza i voti della maturità, gli stramaledetti numeri che li hanno perseguitati per cinque anni, ma stasera non importa. Perché, più che una vittoria del mondiale, si celebra l’inizio di una nuova era per tutti loro.

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