L'infermiera di Hitler

Un'autrice bestseller di USA Today
Germania, 1944. Prelevata dal campo di concentramento in cui era prigioniera, Anke Hoff non ha idea del destino che la attende. Quando le viene ordinato di assistere, come ostetrica, qualcuno molto vicino a Hitler è costretta ad accettare: in caso contrario tutta la sua famiglia verrebbe uccisa. Nonostante l’odio per il regime che ha perseguitato lei e i suoi cari, Anke dovrà fare del suo meglio per prendersi cura della misteriosa donna e del bambino che porta in grembo, la cui vita è legata a doppio filo alla sua. Ma nel rifugio di Berghof, la residenza segreta del Führer tra le Alpi bavaresi, niente è come sembra. Molte delle persone lì presenti, infatti, sono sottoposte allo stesso ricatto di Anke. E affezionarsi a uno di loro potrebbe complicare ancora di più le cose, mettendola davanti a una scelta impossibile da compiere. L’amore può sopravvivere agli orrori di una guerra?
Quando Anke Hoff è condotta sotto ricatto nella residenza segreta di Adolf Hitler non immagina quale destino la attende… 
«Un esordio potente che emoziona.»
Kate Quinn, autrice bestseller del «New York Times»
«Incredibilmente toccante, straziante ma necessario. Non riuscivo a smettere di leggerlo.»
Katie Fforde
«Una storia affascinante che mi ha fatto dimenticare la finzione letteraria!»
Kitty Neale



Mandy Robotham

Ha due passioni: la scrittura e i bambini. Per questo è diventata un’ostetrica e ha completato un master in scrittura creativa alla Oxford Brookes University. Con questo romanzo ha ottenuto un grande successo di pubblico e di critica.

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Adele Ross

L’INFERMIERA DI HITLER non è una storia vera. Ma potrebbe decisamente esserlo.Adele Ross

Intensa. Emozionante. Straziante. Potente e dura. E di aggettivi ne potrei aggiungere ancora moltissimi per descrivere questa storia, per dare una connotazione a questo libro nell’immaginario dei lettori. Una finzione che non sa per nulla di finzione. La storia di una donna, come tante, che si ritrova a vivere schiacciata da un’oppressore, dagli orrori della guerra e dalla crudeltà umana che, in fondo, della guerra ne fa il suo più meschino alibi. Anke Hoff è un’ostetrica, ama il suo lavoro, ama far nascere i bambini, ama la vita. Ma a causa di una guerra che lei come tanti tedeschi non avrebbe mai voluto si ritrova circondata dall’orrore e invischiata nella morte in tutte le sue peggiori sfaccettature, l’esatto opposto di ciò per cui si impegna quotidianamente, far venire alla luce nuove vite. Prigioniera politica, non ebrea, vive la disgustosa realtà di un campo di prigionia. Assiste donne che si ritrovano a dare alla luce figli, spesso frutto di violenze, in baracche sporche, tra pidocchi e infezioni, per poi vedere i propri bambini sottratti dagli aguzzini, gettati in un barile pieno di acqua perché rei solamente di non appartenere alla razza pura, la razza che qualcuno ha deciso essere la dominante. Un pezzo di storia straziante. Dove non si distingue il mondo in etnie ma in razze, come per gli animali. Dove gli esseri umani di umano non hanno quasi più nulla. Una parte perché ne è stata privata e l’altra perché togliendo diritti e dignità ai propri simili forse si convinceva di essere davvero migliore. Fingeva di non vedere la propria misera piccolezza. Scritto divinamente. Una perfetta miscela tra poesia e crudo verismo. Descrizioni di nefandezze dure come un pugno nello stomaco si alternano alla costante determinazione di una donna che, nonostante tutto, si ostina a mantenere viva la propria umanità. Anche se si è dovuta arrendere a compromessi difficili da accettare per chi ha scelto di aiutare a dare la vita. Compromessi sporcati di morte, disperazione e sangue. La voglia di ribellarsi costantemente spenta dal ricatto a cui è sottoposta, anche dopo aver lasciato il campo, anche dopo aver potuto vivere una realtà che sembra quasi una sorta di tregua dalla guerra, lassù tra le Alpi bavaresi, dove riesce perfino a incontrare altre anime come la sua, che in fondo quella maledetta guerra la subiscono perché non hanno alternative. Perché a volte ribellarsi potrebbe peggiorare ulteriormente le cose, per se stessi ma, soprattutto, per i propri cari. L’autrice riesce sapientemente a inserire e orchestrare personaggi realmente esistiti ad altri di pura invenzione, come riesce a farli muovere e reagire in modo verosimile, quasi concreto, all’interno di un contesto storico a cui conferisce tutta la potenza dell’orrore che è realmente stato quel periodo. Una storia quasi tutta al femminile. Le figure chiave, quelle che spostano gli equilibri degli eventi, sono quasi tutte donne. Sia quelle dalla parte dei buoni che quelle dalla parte dei cattivi. Anke, seppure riluttante e posta sotto ricatto, si ritrova ad assistere una donna che sta per mettere al mondo un bambino che tutti vorrebbero far diventare il simbolo di qualcosa. Non un bambino ma un manifesto politico. Una giovane madre che si fida e si affida a lei, che vorrebbe solamente compiacere il suo uomo ma che è troppo fragile per una responsabilità come quella di mettere al mondo il figlio del padre della Germania, come amava farsi chiamare Adolf Hitler. E mentre al Berghof la vita scorre come in una bolla fuori dalla realtà il resto del mondo si sgretola sotto le bombe. Le persone si annientano a vicenda in una guerra che avrebbe lasciato i segni profondi non solo in chi l’aveva vissuta e subita ma anche nelle generazioni che sarebbero seguite. Una trama sapientemente giostrata ed equilibrata, personaggi ben delineati e verosimili in uno scenario storico ben costruito. Una cifra stilistica che sa incatenare il lettore pagina dopo pagina. Un romanzo davvero toccante. Confesso che anche con questo libro ho pianto (e non poco). Amaro quanto basta per costringere a non dimenticare. Ma pervaso da un sottile filo di speranza che, sembra dire l’autrice, anche se debole alberga in ognuno di noi. Qualcosa che potremmo chiamare umanità. Leggi tutta la recensione

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