Perché ci siamo salvati

«In piena guerra, dopo cinque anni di vessazioni, due giovani coppie di ebrei poco più che ventenni non solo si sposano, ma concepiscono subito dei figli. Follia, incoscienza, sprezzo del pericolo?» (dalla postfazione di Alessandro Piperno)

«Perché lo facciamo? Per rispettare la necessità della Storia, che non ha bisogno soltanto di accadimenti straordinari ma vive della vita segreta delle persone, del riflesso che i grandi fatti hanno su quanti ne sono stati vittime ed eroi insieme». Forti di questa convinzione, Claudio e Stefano, cugini romani, rievocano ciò che hanno conosciuto solo attraverso il racconto di nonni e genitori: quanto avvenne in Italia dai primi decreti antiebraici del 1938 alla Liberazione. Per ritrovare le proprie origini, scelgono di avviare una fitta corrispondenza in cui rivivono quegli anni tra memoria collettiva e ricordi familiari, note personali e preziosi documenti, in particolare il diario tenuto in quei terribili mesi da Maurizio Bondì, padre di Claudio, le cui parole interrogano, decifrano, citano. Sorprendentemente, ciò che ne ricavano non è affatto il plumbeo resoconto di un precipitare nell’abisso né uno sconfortato chiosare su un tragico destino, ma l’esatto opposto: una vitalità che le pagine stentano a contenere, una quotidianità gioiosa fatta di oggetti, stoffe, arredi, ricettari, di relazioni, scorci e paesaggi che appartengono a un’Italia ormai scomparsa. Tra ricostruzione storica e riflessione sul significato della memoria, gli autori restituiscono intatti la tenacia e l’entusiasmo di quei ragazzi che trasformarono la debolezza in forza e non permisero che fossero l’angoscia o il risentimento a dettare l’agenda emotiva dei loro anni a venire. Un flusso di coscienza che non si interrompe, ma si lega alle riflessioni che Alessandro Piperno, figlio di Stefano, ha voluto consegnare a un lungo testo conclusivo, nella consapevolezza che «non c’è nulla di più ebraico di un commento al commento: lo sfrenato dialogo intergenerazionale in cui la memoria si mescola all’eloquenza, l’eloquenza al sentimento, il sentimento alla storia».

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