Come un faro nella notte
- Autore
- Maria Katja Raganato
- Pubblicazione
- 05/08/2020
- Valutazione
- 1
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Come un faro nella notte — Maria Katja Raganato
Sono Maria Katja Raganato, sono nata e vivo in provincia di Lecce, sono laureata in Economia e commercio con lode presso l’Università di Lecce e mi occupo dell’area contabile e amministrativa di due piccole aziende di famiglia. Sono appassionata di cinema, musica e letteratura e proprio l’interesse che nutro fin da bambina per gli autori classici e contemporanei mi ha condotta a scrivere il mio primo romanzo, ambientato nella terra che amo, il Salento. Adoro leggere! Sono convinta che, parafrasando Daniel Pennac, un buon libro ti salva da tutto, perfino da te stesso, del resto, scrivere, a mio avviso, è “terapeutico”. Ai miei amici che mi chiedono come si è fatta strada in me l’idea di scrivere, rispondo loro che è il sistema personalissimo che ho escogitato per “aggiustare” la realtà. In un capitolo del mio romanzo si parla di carillon rotti da riparare… già, il carillon, un oggetto che ricorre dall’inizio alla fine del mio libro e che assume, come il faro del titolo d’altra parte, un valore simbolico che rimanda alla dimensione dell’infanzia, dove tutto era bellezza e stupore e nulla poteva turbare la nostra serenità di bambini. Ecco, è proprio ciò che accade nei romanzi: anche se la situazione da cui si parte non è facile e ci sono dei nodi da sciogliere, tutto si può rimettere a posto. La scrittura di un libro crea una dimensione magica in cui tu diventi regista della vita dei personaggi e puoi restituire il sorriso a chi l’ha perduto o non ne ha mai avuto. La presunzione che ho, come autrice, è di trasmettere ottimismo a chi legge, di condurre il lettore in una dimensione da favola, nel magnifico scenario che è il Salento e in particolare Gallipoli, in cui è ambientato, con la speranza di lanciare un messaggio di incoraggiamento, in cui si dice: «Quando pensate che la vostra vita sia arrivata ad un punto morto, quando vi sentite avviluppati dalle sabbie mobili della vita, non ripiegatevi su voi stessi, provate a reagire, a muovervi, perché ciascuno deve darsi una seconda opportunità». Leggi tutta la recensione
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Come un faro nella notte — Maria Katja Raganato
Due persone, una coppia, che danzano su una barchetta nel mare agitato, il mare di Puglia. Ballano, stretti per mano, sopra uno scrigno di desideri, aperto, da riempire. Al centro c’è un piccolo faro, un punto di riferimento? Un aiuto per non andare alla deriva? La protagonista di oggi è Maria Katja Raganato autrice del romanzo, edito Pav, “Come un faro nella notte”. Andiamo da lei, ripercorriamo assieme questo bel lavoro. -Maria Katja Raganato dal Salento. Ti senti più mare, sole o Jentu? Da persona che nutre un amore quasi viscerale verso la propria terra, credo di sentirmi un po’ tutti e tre questi elementi. Mi sento mare in quanto noi salentini, essendo circondati dal mare, lo Ionio da un lato e l’Adriatico dall'altro, nasciamo e cresciamo praticamente al mare, al punto che, se è vero che il corpo umano è composto per tre quarti d’acqua, noi abbiamo almeno un quarto d’acqua salata! Mi sento anche sole perché, a somiglianza di questo luminoso astro che illumina la maggior parte delle nostre giornate, perfino d’inverno, sono una persona solare e quasi sempre di buon umore, e infine mi considero anche jentu, talvolta vento di tramontana, che rende il cielo terso e azzurro come non mai, talaltra di scirocco, che spira impetuoso e travolge ogni cosa. -Cosa ti ha spinto ha pubblicare il tuo primo romanzo? Ho cominciato a scrivere senza sapere bene dove ciò mi avrebbe condotta. Chi ama leggere, a mio avviso, si trova facilmente a passare dall’altra parte, trasformandosi da semplice lettore di cose scritte da altri a creatore egli stesso di personaggi e trame a proprio gusto. In altri termini è un modo per dare vita a un romanzo che abbia le caratteristiche che l’autore vorrebbe trovare nei romanzi che legge. Mi viene in mente una frase di Toni Morrison: “Se c’è un libro che vorresti leggere, ma che non è stato ancora scritto, allora lo devi scrivere tu”. Ecco, è proprio ciò che ho fatto! Così, una domenica, ho aperto Word, mi sono messa davanti al mio notebook ed ho iniziato a scrivere io! I pensieri prendevano forma sotto il mio mouse, come se stessi guardando un film e mi bastasse solo tradurlo in parole scritte. Senza neppure rendermene conto, stavo dando inizio alla mia avventura! Nella quiete notturna andavo a letto e la trama si dipanava nella mia mente, di giorno poi, negli stralci di tempo, descrivevo ciò che avevo sognato a occhi aperti. Piano piano le pagine aumentavano e la storia che avevo in testa scorreva attraverso le mie parole in modo fluente e le ore spese sul notebook correvano veloci, tanto che mi ritrovavo a passare interi weekend immersa nella scrittura. Un bel giorno il mio romanzo si è concluso. Cosa mi rimaneva da fare? Pubblicarlo, naturalmente! -“Come un faro nella notte”. A quale genere appartiene? C’è qualcosa di autobiografico? “Come un faro nella notte” si inquadra nel filone della narrativa contemporanea a sfondo sentimentale, ma non è un “romance” tout court poiché è un romanzo corale, in cui si intrecciano le storie di tanti personaggi di varia età e provenienza geografica, ciascuno dei quali mi ha offerto l’occasione per toccare, seppur in modo leggero, senza mai calcare la mano, alcuni temi sociali che mi stanno particolarmente a cuore, sia per la loro attualità, come la questione della mancanza di lavoro per i giovani, specie al Sud, che spesso si vedono obbligati a ripartire da zero e ad "inventarsi" un'attività, o il fenomeno del bullismo, sia per la loro universalità, come la solitudine degli anziani e il loro reinserimento nella società, la disabilità, il rapporto non sempre sereno con la propria immagine che condiziona il modo di comportarsi, la difficoltà di rimettersi in gioco quando la vita ci mette davanti alle difficoltà, etc.. Quanto all'aspetto autobiografico, credo che in tutti i libri ci sia qualcosa che sia riconducibile, in qualche modo, alla vita dell’autore. Del resto, per quanto mi riguarda, non avrei potuto narrare di situazioni che non conosco o descrivere minuziosamente la città di Gallipoli senza aver mai percorso quelle viuzze del centro storico in cui si respira l’essenza del Salento. -Le storie dei vari personaggi sono inventate oppure hai romanzato qualche persona o personaggio che conosci? Sono partita da situazioni reali, che probabilmente riguardano tanti di noi, per poi, attraverso la fantasia, romanzare il tutto, dunque ho sfruttato una delle possibilità che la scrittura di un romanzo offre: quella di trasformare i sogni in realtà, l’impossibile in possibile! Del resto, scrivere mi gratifica proprio per questo, perché mi consente di migliorare la realtà e di far entrare il lettore in una condizione mentale di ottimismo, predisponendolo verso una visione positiva e fattiva della vita, così che egli possa davvero provare a cambiare ciò che non va, cercando di apportare dei cambiamenti migliorativi con coraggio e buon umore. Per quel che riguarda i personaggi del libro… be’, ammetto che alcuni traggono ispirazione da persone che realmente conosco, ma non farmi aggiungere altro. -Cosa accomuna i personaggi nel romanzo? I miei personaggi sono molto diversi tra loro per età anagrafica, per carattere, per provenienza geografica e per esperienza di vita, ma hanno un elemento che li accomuna: sono persone che si sono smarrite e intraprendono un percorso fisico e interiore alla ricerca di se stesse, con un obiettivo ambizioso da raggiungere: la felicità. Un traguardo che richiede scelte coraggiose e spesso avventate, come recita il sottotitolo, che comportano la decisione di mollare gli ormeggi, abbandonando il porto tranquillo della routine quotidiana, di un lavoro sicuro, del luogo in cui si vive e dove si hanno i propri punti di riferimento, la famiglia e gli amici, per avventurarsi nelle perigliose acque dell’ignoto, alla scoperta di equilibri nuovi, di scenari più consoni alle proprie aspirazioni e al proprio modo di sentire e di vivere. In altre parole, ognuno di loro desidera una seconda opportunità per rimettersi in gioco e per riparare la propria vita, che si è in qualche maniera “guastata”, proprio come fa uno dei personaggi del romanzo, un vecchio antiquario, capace, con le sue abili mani, di rimettere a nuovo vecchi oggetti rotti. Probabilmente per ritrovare se stessi bisogna prima smarrirsi, ebbene sì! In effetti, trovare il coraggio di dare una svolta alla propria esistenza, rivoluzionandola completamente e abbandonando le proprie certezze, mettendo in discussione tutto ciò che era stato fatto fino ad un minuto prima, richiede, come accennato nella precedente risposta, una gran dose di coraggio, che solo una condizione di profondo disagio interiore può offrire. In altri termini, i personaggi del libro si lanciano in una nuova avventura, con tutti i disagi e i punti interrogativi che ciò comporta, perché non hanno altra scelta, vivono in una situazione stagnante e sono ormai giunti ad un binario morto, per cui si rende necessario trovare una via alternativa, sperimentare un piano B. -Per ricercare la felicità è necessario smarrirsi? Bella domanda! Fior di intellettuali, filosofi e pensatori di ogni tempo si sono posta questa domanda, cercando, ciascuno a suo modo, di trovare una risposta univoca e tuttavia la questione era e rimane aperta. Per quanto mi riguarda, credo che la felicità coincida con l’amare ed essere amati, sebbene devo ammettere che tuffarsi nei sentimenti e amare incondizionatamente comporti delle gioie, ma, ahimè, anche moltissimi dolori, tant’è vero che la maggior parte delle persone rimane così scottata da diventare volutamente arida, impedendosi di amare per non soffrire. In fondo è quello che accade ad alcuni dei personaggi del mio romanzo. In realtà, penso che chiudere il proprio cuore significhi vivere a metà, pertanto, credo che valga sempre la pena di aprirsi ai sentimenti, con tutte le inevitabili sofferenze che ciò si porta dietro, perché amare equivale a vivere e viceversa. -Che riscontri stai avendo dopo la pubblicazione? Il romanzo è uscito a fine luglio e devo dire che, per essere un’autrice alla sua prima pubblicazione, mi sta dando delle soddisfazioni. Chi lo ha letto ha trovato la lettura scorrevole e mai noiosa e mi ha riferito che il romanzo gli ha trasmesso serenità e lo ha proiettato in un’atmosfera da sogno. Be’… era ciò che volevo! Naturalmente, strada da fare ce n’è ancora tanta, del resto, conosco tanti autori che, a mio modesto avviso, sono molto abili e si dedicano alla scrittura con amore e dedizione, e, ciò nonostante, fanno fatica a fare i grandi numeri in termini di lettori, perché purtroppo l’editoria è nelle mani di poche grandi case editrici e, fatta eccezione per i professionisti della scrittura, spesso, la vera discriminante nel successo di un libro è rappresentata dalla popolarità di chi lo ha scritto, a prescindere dal contenuto e dal modo in cui è scritto. Per gli autori indipendenti e per le piccole case editrici rimane uno spazio davvero esiguo e la sfida è impari, ma, del resto, le cose facili non mi sono mai piaciute! -Soddisfatta? Soddisfatta è una parolona! Sono una persona attenta ai dettagli e, nonostante abbia letto e riletto il mio romanzo, oltre all'editing della casa editrice ovviamente, tutte le volte che mi capita di rileggere qualche capitolo, inevitabilmente dico a me stessa che avrei potuto cambiare alcune parole, aggiungere qualche dettaglio, modificare alcuni passaggi…, in altre parole, si può sempre fare di meglio! Nel complesso mi ritengo soddisfatta, nel senso che ho scritto esattamente ciò che desideravo e vi garantisco che esprimere per iscritto le proprie emozioni dona una sensazione di benessere indescrivibile. Diciamo che scrivere fa stare bene in primis l’autore e in secundis, si spera, il lettore. Ad ogni modo, ho iniziato a scrivere il primo capitolo di un nuovo romanzo, dunque la fantasia corre già oltre. -Pav edizione, come ti sei trovata? Ti ringrazio per questa domanda, anzi devo dire che mi hai anticipata. Ringrazio la Pav edizioni perché mi ha permesso di realizzare un sogno. Oltretutto è una casa editrice free, dunque non chiede soldi agli autori, ma valuta i loro scritti e decide di investire o meno su di loro, con dedizione e passione. Le piccole e medie case editrici come Pav sono dei “Davide” che affrontano ogni giorno la sfida dei “Golia”, rappresentati dai colossi dell’editoria e come tali andrebbero sostenuti anche attraverso dei fondi ad hoc, in quanto garantiscono il pluralismo e la libertà di espressione. Concludo ringraziandovi per l’intervista e rivolgendo un grazie ai miei cari e agli amici che hanno creduto in me, nonché a tutti coloro che hanno scelto, pur non conoscendomi personalmente, di darmi fiducia, acquistando il mio romanzo. Un saluto a tutti voi! Leggi tutta la recensione
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“Come un faro nella notte”, Maria Katja Raganato e i cercatori di felicità Di Adele Errico — Maria Katja Raganato
“Scrivere, per me, è un modo per rendere reale la vita che sogniamo”, racconta, per Leccenews24, Maria Katja Raganato, autrice del romanzo “Come un faro nella notte”. Così ha sempre vissuto la letteratura e la lettura, come un’evasione dalla realtà circostante, un’evasione dalla vita di tutti i giorni. Dalla vita, forse, ma non dai luoghi. I luoghi del Salento che le sono cari, così cari che li ha scelti per ambientarvi il suo romanzo e, seppur evadendo, la terra del sogno rimane, per lei, sempre il Salento. Gallipoli in particolare, luogo in cui si susseguono le avventure della protagonista di “Come un faro nella notte” che, a 35 anni, sceglie di mettersi in discussione, sceglie di rivoluzionare una vita che non la gratifica. E la rivoluzione ha inizio da un’antica dimora che la vecchia zia le ha lasciato e che si trova proprio a Gallipoli. Così, la ristrutturazione della casa diventa metafora del tentativo di far prendere alla propria esistenza la giusta direzione. Il romanzo è un carnevale di esistenze umane, di personaggi vari, ognuno speciale a suo modo, ognuno alla ricerca della propria felicità. “Non è mai troppo tardi per liberarci dalle sabbie mobili in cui ci impantaniamo” dice Maria Katja Raganato ed è proprio quello che i suoi personaggi cercano di fare. Smarriti, forse un po’ delusi dalla vita, cercano se stessi, sono “cercatori di felicità” e si fanno portatori di importanti temi sociali tra cui il bullismo, la disabilità, la solitudine degli anziani, il mobbing e la disoccupazione. L’impegno sociale del romanzo è inserito all’interno di una leggera cornice fatta di musiche e tradizioni tipicamente salentine: dalla pizzica alle particolarità natalizie, dalle antiche tradizioni artigianali alla storia della città di Gallipoli. “Come un faro nella notte è un inno al Salento”, afferma l’autrice. Al Salento della stagione estiva, quello amato dai turisti, ma anche al Salento della stagione autunnale, in cui il romanzo è ambientato, e di quella invernale. Il Salento dei centri storici brulicanti di luci natalizie e di quelli deserti delle due del pomeriggio d’agosto. In un Salento che è bello come solo chi lo ama può sapere, i personaggi di “Come un faro nella notte”, smarriti e tremanti nella tempesta delle loro esistenze, cercano la propria luce, il proprio faro nella notte. Leggi tutta la recensione
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Come un faro nella notte | Maria Katja Raganato — RecensioniLibri.org
Una storia di rinascita, un romanzo corale, a ritmo di jazz, di pizzica e di brani vintage, in cui le strade di tanti individui si incrociano e si intrecciano tra loro, come fili di un ordito e di una trama misteriosa. Leggi tutta la recensione
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Commento dell'autore
Un cordiale saluto a coloro che stanno leggendo il commento al mio romanzo. Posso dirvi che è un libro scritto con il cuore, in cui si condensano i miei ricordi, i nodi da sciogliere, che ciascuno di noi inevitabilmente ha, nonché i sogni e le aspirazioni che non possiamo e non dobbiamo soffocare, ma, al contrario, meritano di essere perseguiti con coraggio, anche a costo di fare qualche scelta avventata, come recita il sottotitolo. Nello scriverlo, sono stata completamente avvolta dal fascino delle atmosfere vintage e romantiche che caratterizzano il testo e spero che succederà anche a voi. Daniel Pennac scrisse: "Un libro ben scelto ti salva da qualsiasi cosa, persino da te". Frase quanto mai appropriata! I lettori dovrebbero leggere il mio romanzo perché in esso è contenuto un messaggio di speranza, infatti io lo definisco un racconto d’amore e di rinascita. In altri termini, per me il libro deve essere d’evasione, dunque consentire a chi lo legge di evadere dalla routine quotidiana, dal grigiore di un’esistenza spesso piatta e sempre uguale a se stessa, per immergersi in una dimensione onirica, quasi da favola, dove ogni cosa, con impegno e tanto entusiasmo, diventa superabile, ogni progetto, seppur ambizioso e con scarsi mezzi, può trasformarsi in realtà. Deve trasmettere emozioni positive, ottimismo, coraggio, offrendo qualche spunto di riflessione su alcuni temi, ma in maniera soft, infatti nel libro, che si caratterizza per la sua leggerezza, tratto alcuni temi che hanno una valenza sociale e che mi stanno particolarmente a cuore, per esempio, la mancanza di lavoro per i giovani laureati, specie al Sud, che si vedono obbligati a ripartire da zero e ad "inventarsi" un'attività. Accenno anche a altri argomenti: il bullismo, la solitudine degli anziani e il loro reinserimento nella società e la disabilità. Si tratta di un romanzo corale, in cui si muovono vari personaggi, le cui vicende descrivono situazioni reali, in cui è facile immedesimarsi. Sono persone che si sono “impantanate” per ragioni diverse e che, anziché ripiegarsi su se stesse, cercano di darsi una seconda opportunità, provano a rimettersi in gioco. Mi piace definirli dei cercatori di felicità, che si sono “smarriti” e si mettono in cammino, compiendo un viaggio fisico ed interiore, per ritrovare se stessi, con un obiettivo tanto ambizioso quanto bellissimo da raggiungere, per l’appunto la felicità! Riporto qualche estratto del romanzo, sperando che provochi in voi le stesse emozioni che ha suscitato in me.
INCIPIT:
Le foglie ingiallite sospinte dal vento girano vorticosamente, formando spirali nell’aria e producendo un fruscio in sottofondo. Quel luogo che l’aveva vista giocare da bambina, ora la ritrova adulta, giovane single, prossima al compimento dei suoi trentacinque anni, di bell’aspetto, laureata a pieni voti, con un discreto lavoro, ma con un gran senso di vuoto, come di incompiuto, di qualcosa che è rimasto sospeso.
PROLOGO:
«Annina, ecco il carillon rimesso a nuovo!»
La voce di Sebastiano la desta come da un sogno.
«Ah, bene! Cosa aspettiamo a tirare il cordino?»
Sebastiano gira delicatamente la manopola e il prezioso scrigno comincia lentamente a schiudersi, al suono di “Everybody love somebody sometime” di Dean Martin, e le statuine riprendono a muoversi l’una verso l’altra, fino a baciarsi. Annalena le guarda con gli occhi sgranati e con la meraviglia di una bambina stampata sul viso e i due uomini, nel vederla, si inteneriscono.
«Finalmente i due fidanzati si ricongiungono», dice lei, sospirando, e aggiunge: «se solo si potessero aggiustare anche le vite delle persone, con la stessa facilità con cui lei riesce a riparare gli oggetti!»
ESTRATTO DA PAG 34:
La conversazione prosegue amabilmente, quando un ragazzo, con un caban blu notte da marinaio e una cascata di capelli biondi, mescolati a qualche insolente ciocca bianca, sopraggiunge e prende posto a un tavolo che si trova un po’ più dietro, di lato a loro. Da quel momento l’attenzione di Annalena si sposta sul nuovo arrivato. Il “marinaio” siede a testa bassa, da solo, porta un carré medio con un ciuffo che gli copre quasi del tutto l’occhio e per quanto lei cerchi di guardarlo in faccia, riesce a intravedere solo la punta del suo naso e la linea squadrata della mandibola. Si vede ben poco, ma quel poco è sufficiente a calamitare lo sguardo della ragazza. Quel tipo solitario, taciturno, dall’aria triste, con i capelli da puttino e le spalle larghe da nuotatore non le dà pace e il desiderio di vedergli il viso si fa sempre più prepotente. Da quando è arrivato, non riesce più a staccargli gli occhi di dosso, nella speranza che prima o poi sollevi la testa, o la giri nella sua direzione, anche solo per ravviarsi il ciuffo.
È proprio in quell’attimo che, finalmente, gli occhi di Annalena incrociano i suoi ed è una folgorazione!
Sono di un colore verde chiaro che vira al turchese e ricordano l’acqua di mare cristallina, che si specchia sui fondali sabbiosi in un giorno di tramontana.
ESTRATTO DA PAG 75:
Mentre il fuoco crepita nel camino e le fiamme diffondono una calda luce arancione nella stanza, si ritrova da sola di fronte a un uomo indifeso, privato perfino dei suoi abiti, che sembra un angelo caduto dal Paradiso e che giace addormentato proprio là, davanti ai suoi occhi increduli, i quali non smettono neppure un attimo di percorrere quella graziosa figura sdraiata. Un silenzio irreale pervade la sala. In una notte così, ormai, può succedere di tutto! Si accovaccia accanto a lui per vegliarlo. Lo sente respirare e lo osserva con lo stesso stupore che i bambini riservano alle cose nuove, mai viste prima, e si incanta a guardarlo, come di fronte a una visione.
“Il marinaio” ha una pelle bianca come il latte, spalle larghe e braccia magre ma con muscoli ben definiti. La tentazione di scostare la coperta che gli avvolge il corpo è troppo forte! Timidamente ne solleva un lembo: si intravede il torace. Non basta! Lena non riesce a resistere e così si avvicina alle labbra gonfie e ferite e, senza esitazione, vi poggia le sue. Hanno ancora il sapore aspro del sangue!
ESTRATTO DA PAG 84:
La adagia sulla piccola imbarcazione e insieme prendono il largo, facendo rotta verso l’isola di Sant’Andrea. La luna piena emana una luce bianca, interrotta a tratti da alcune dense nuvole, foriere di pioggia, e trasforma il mare in un manto luminoso, increspato da piccole onde, che si vanno facendo via via più minacciose lungo il tragitto. Il rinfrangersi dell’acqua sulla navicella vaporizza nell’aria tante goccioline, che inumidiscono gli abiti e la fanno rabbrividire. Lui se ne accorge, si sfila il caban e lo posa sulle spalle di Annalena, che lo accoglie di buon grado e vi si ravvolge; per coprirsi il viso, solleva il bavero del giaccone, che sa di sale misto al profumo della pelle e del sudore di lui. Il viaggio prosegue in silenzio; sullo sfondo solo il rumore del mare, smosso dall’elica del motore. La coppia approda sulla battigia dell’Isola di Sant’Andrea. Di fronte a loro c’è una landa deserta, le nuvole ormai hanno avviluppato anche la luna e intorno è tutto buio, eccetto la luce intermittente del faro.