L'amante in Si bemolle
- Autore
- gasparri gianluigi
- Pubblicazione
- 20/05/2021
- Categorie
Pablo Casals, Mstislav Rostropovic, Mario Brunello, Misha Maiski e altri mitici violoncellisti dicono la stessa cosa sul conto del loro strumento. Il violoncello, fratello maggiore del violino, esalta questa sensazione forse perché la silhouette di femmina fra le braccia del musicista evoca un amore sensuale e lo stesso accade quando vibra fra le braccia di una solista appassionata. O forse succede perché il violoncello è l’unico strumento che si appoggia al cuore del suo avatar, le potenti risonanze penetrano nell’anima, il timbro limpido e scuro simile alla voce umana racconta nostalgia gioia rabbia tenerezza, disperazione e consolazione, canta la vita e accompagna la morte della vita, nelle sfumature profonde sembra che il suono si sdoppi quasi provenisse da due violoncelli.
Se questo spettacolare strumento è vivo, ha il diritto di essere narrato nei sentimenti, nei suoi amori, nelle debolezze e nelle tragedie dell’esistenza.
Il narratore è un violoncello, di cui al momento non si sa più nulla, realmente creato nel 1768 con legni di risulta dal Villan d'Ascoli, così chiamato perché era contadino seggiolaio armaiolo e illetterato, altri narrati si intersecano nel racconto dei 220 anni di vita dello strumento.
Nasce come atto d’amore, è presuntuoso, permaloso generoso e vendicativo, nei limiti della sua essenza partecipa direttamente alle vite pericolose dei suoi amici di musica e alle loro passioni sentimentali. Passa di mano in mano, raramente sereno, spesso terrorizzato per sé e per chi lo protegge. La vita di questo violoncello è dovuta al fatto che -unico fra tutti gli strumenti musicali- si appoggia al cuore dell’esecutore in un mutuo scambio di vibrazioni, risonanze, emozioni. Nei limiti della sua essenza partecipa direttamente ai giochi d’amore e di passione dei suoi protettori, talvolta in bollenti incontri multipli.
Ha avuto un’esistenza avventurosa, è stato rapinato da un mezzo cardinale che lo ha donato a Violetta, tzigana musicista prodigio, in un difficile rapporto di amore con lei e di rivalità con il suo cupo rapitore.
Nel periodo della prima adolescenza, il mezzo cardinale era stato ardito pastore di pecore nei boschi dei Monti della Laga, zona di confine fra lo Stato Pontificio e il Regno dei Borbone controllato da briganti di ogni risma, una notte di tempesta aveva salvato Felicita, nobile finta badessina del Monastero dell’Acqua Santa, figlia spuria del potente porporato De Valois e sposa promessa a un principe polacco, in quella circostanza Pacifico aveva ucciso tre briganti in agguato, uno dei quali famoso per abilità e ferocia.
In segno di gratitudine, la badessina aveva affidato il riluttante giovanetto al cardinale De Valois perché lo facesse educare alla carriera ecclesiastica. Sovrastato da un malefico frate benedettino, che minaccia di annientare i suoi genitori, apparentemente si piega a una congiura di origine antichissima che consiste nel sacrificio di un bambino cattolico per far ricadere la colpa sugli ebrei. La congiura annega in un bagno di sangue per merito dell’ex pastore che per questo è nominato cardinale ad personam non consacrato.
In quella circostanza, Pacifico conosce Violetta, sorella del bambino sacrificale, lei ha solo dieci anni è bruna di carnagione, occhi nerofuoco, orfana di suo padre musicista ambulante tzigano, che le ha lasciato in eredità un prezioso violino, è troppo grande per lei quindi lo suona come se fosse un violoncello. Il quasi cardinale e un suo amico marchese, che lo ha aiutato a sventare la congiura, sebbene presi dalla bellezza pulcina di Violetta la inviano a Venezia dalla contessa Mocenigo che la educa alle arti e alla musica. Dopo alcuni anni, Violetta torna a Roma in cerca di Pacifico e del marchese ormai rivali ma legati da grande amicizia. Conteso a Roma e poi accolto nella reggia di Maria Carolina d’Austria, il violoncello vive giorni sereni con Violetta e con Astrid gran dama di compagnia che, sotto l’aspetto burroso, nasconde un temperamento di fuoco, poi gli eventi precipitano, dopo una scommessa musicale vinta da Violetta e dal suo violoncello contro un giovanissimo duca, sono fuggiti verso Taranto perseguitati dagli sgherri del duca, dai briganti e dall’esercito borbonico, i tre protagonisti si sono imbarcati su una tartana contrabbandiera, hanno fatto naufragio e lui per anni ha vagato sulle acque del Mediterraneo, sigillato nella sua custodia. Ripescato da due lazzaroncelli napoletani su una scogliera a Ischia e perigliosamente tornato nella Reggia di Caserta è stato braccato anche dall’esercito di Gioacchino Murat, sottratto alla distruzione da un giovane liutaio che, rischiando il patibolo, lo ha chiuso nella bara vuota di una finta vergine e martire, dopo un lungo periodo trascorso sepolto nella cripta del Monastero del Volto Santo di Manoppello, poi per circa sessanta anni è stato trasferito seminascosto nella cantoria, affidato alle mani di Chiara, violoncellista novizia a vita.
Durante la seconda Guerra mondiale è stato catturato da un nazista che voleva deportarlo in Germania, ha fatto la Resistenza partigiana, per un pelo è scampato a una crudele rappresaglia fascista. Nonostante la Liberazione, è stato prigioniero per due anni in una stalla e poi scoperto da una contadina che voleva usarlo come soprammobile nonostante le sue dimensioni e infine, non sapendo che farne, lo aveva rinchiuso in un pollaio.
Nel cieco vagabondaggio del destino, dopo quasi due secoli ritorna nel punto in cui è stato creato. Riesumato per caso da Brigitte, una ricca divorziata, violoncellista dilettante, seppure a fatica l’ha aiutata a perfezionarsi, per molti anni insieme hanno girato il mondo applauditi come stelle di primissimo grado. Infine, devastata dall’ansia di prestazione, lo regala a un misterioso collezionista di strumenti ad arco. Puten, presidente della Russia, fa rapire il violoncello da uomini del Servizio Segreto per donarlo alla sua amante tenuta al sicuro in una villa in Estonia.
Lei è Ludovica, solista già conosciuta anni prima umiliata e frustrata dalla gelosia di Brigitte, accoglie con gioia indicibile lo strumento tanto desiderato, al colmo della felicità tenta di godersi contemporaneamente le due passioni nei giochi d’amore sadomaso prediletti dal suo uomo. Ma Puten non tollera terzi incomodi, lo strappa dalle braccia della sua donna e lo butta sul pavimento. Seppure addolorata, Ludovica si arrende senza combattere. Furioso per la brutalità del presidente e soprattutto irritato per la passività di Ludovica che non lo difende, il violoncello premedita un’assurda vendetta da consumare fredda al prossimo concerto sfruttando il timbro simile alla voce umana.
Se questo spettacolare strumento è vivo, ha il diritto di essere narrato nei sentimenti, nei suoi amori, nelle debolezze e nelle tragedie dell’esistenza.
Il narratore è un violoncello, di cui al momento non si sa più nulla, realmente creato nel 1768 con legni di risulta dal Villan d'Ascoli, così chiamato perché era contadino seggiolaio armaiolo e illetterato, altri narrati si intersecano nel racconto dei 220 anni di vita dello strumento.
Nasce come atto d’amore, è presuntuoso, permaloso generoso e vendicativo, nei limiti della sua essenza partecipa direttamente alle vite pericolose dei suoi amici di musica e alle loro passioni sentimentali. Passa di mano in mano, raramente sereno, spesso terrorizzato per sé e per chi lo protegge. La vita di questo violoncello è dovuta al fatto che -unico fra tutti gli strumenti musicali- si appoggia al cuore dell’esecutore in un mutuo scambio di vibrazioni, risonanze, emozioni. Nei limiti della sua essenza partecipa direttamente ai giochi d’amore e di passione dei suoi protettori, talvolta in bollenti incontri multipli.
Ha avuto un’esistenza avventurosa, è stato rapinato da un mezzo cardinale che lo ha donato a Violetta, tzigana musicista prodigio, in un difficile rapporto di amore con lei e di rivalità con il suo cupo rapitore.
Nel periodo della prima adolescenza, il mezzo cardinale era stato ardito pastore di pecore nei boschi dei Monti della Laga, zona di confine fra lo Stato Pontificio e il Regno dei Borbone controllato da briganti di ogni risma, una notte di tempesta aveva salvato Felicita, nobile finta badessina del Monastero dell’Acqua Santa, figlia spuria del potente porporato De Valois e sposa promessa a un principe polacco, in quella circostanza Pacifico aveva ucciso tre briganti in agguato, uno dei quali famoso per abilità e ferocia.
In segno di gratitudine, la badessina aveva affidato il riluttante giovanetto al cardinale De Valois perché lo facesse educare alla carriera ecclesiastica. Sovrastato da un malefico frate benedettino, che minaccia di annientare i suoi genitori, apparentemente si piega a una congiura di origine antichissima che consiste nel sacrificio di un bambino cattolico per far ricadere la colpa sugli ebrei. La congiura annega in un bagno di sangue per merito dell’ex pastore che per questo è nominato cardinale ad personam non consacrato.
In quella circostanza, Pacifico conosce Violetta, sorella del bambino sacrificale, lei ha solo dieci anni è bruna di carnagione, occhi nerofuoco, orfana di suo padre musicista ambulante tzigano, che le ha lasciato in eredità un prezioso violino, è troppo grande per lei quindi lo suona come se fosse un violoncello. Il quasi cardinale e un suo amico marchese, che lo ha aiutato a sventare la congiura, sebbene presi dalla bellezza pulcina di Violetta la inviano a Venezia dalla contessa Mocenigo che la educa alle arti e alla musica. Dopo alcuni anni, Violetta torna a Roma in cerca di Pacifico e del marchese ormai rivali ma legati da grande amicizia. Conteso a Roma e poi accolto nella reggia di Maria Carolina d’Austria, il violoncello vive giorni sereni con Violetta e con Astrid gran dama di compagnia che, sotto l’aspetto burroso, nasconde un temperamento di fuoco, poi gli eventi precipitano, dopo una scommessa musicale vinta da Violetta e dal suo violoncello contro un giovanissimo duca, sono fuggiti verso Taranto perseguitati dagli sgherri del duca, dai briganti e dall’esercito borbonico, i tre protagonisti si sono imbarcati su una tartana contrabbandiera, hanno fatto naufragio e lui per anni ha vagato sulle acque del Mediterraneo, sigillato nella sua custodia. Ripescato da due lazzaroncelli napoletani su una scogliera a Ischia e perigliosamente tornato nella Reggia di Caserta è stato braccato anche dall’esercito di Gioacchino Murat, sottratto alla distruzione da un giovane liutaio che, rischiando il patibolo, lo ha chiuso nella bara vuota di una finta vergine e martire, dopo un lungo periodo trascorso sepolto nella cripta del Monastero del Volto Santo di Manoppello, poi per circa sessanta anni è stato trasferito seminascosto nella cantoria, affidato alle mani di Chiara, violoncellista novizia a vita.
Durante la seconda Guerra mondiale è stato catturato da un nazista che voleva deportarlo in Germania, ha fatto la Resistenza partigiana, per un pelo è scampato a una crudele rappresaglia fascista. Nonostante la Liberazione, è stato prigioniero per due anni in una stalla e poi scoperto da una contadina che voleva usarlo come soprammobile nonostante le sue dimensioni e infine, non sapendo che farne, lo aveva rinchiuso in un pollaio.
Nel cieco vagabondaggio del destino, dopo quasi due secoli ritorna nel punto in cui è stato creato. Riesumato per caso da Brigitte, una ricca divorziata, violoncellista dilettante, seppure a fatica l’ha aiutata a perfezionarsi, per molti anni insieme hanno girato il mondo applauditi come stelle di primissimo grado. Infine, devastata dall’ansia di prestazione, lo regala a un misterioso collezionista di strumenti ad arco. Puten, presidente della Russia, fa rapire il violoncello da uomini del Servizio Segreto per donarlo alla sua amante tenuta al sicuro in una villa in Estonia.
Lei è Ludovica, solista già conosciuta anni prima umiliata e frustrata dalla gelosia di Brigitte, accoglie con gioia indicibile lo strumento tanto desiderato, al colmo della felicità tenta di godersi contemporaneamente le due passioni nei giochi d’amore sadomaso prediletti dal suo uomo. Ma Puten non tollera terzi incomodi, lo strappa dalle braccia della sua donna e lo butta sul pavimento. Seppure addolorata, Ludovica si arrende senza combattere. Furioso per la brutalità del presidente e soprattutto irritato per la passività di Ludovica che non lo difende, il violoncello premedita un’assurda vendetta da consumare fredda al prossimo concerto sfruttando il timbro simile alla voce umana.
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