Perché mai leggere la Commedia? Con questa domanda si apre il racconto sorprendente che Claudio Giunta fa dell’Inferno dantesco. L’intento è chiaro: rompere con le convenzioni di una lettura scolastica che ci ha costretto a ricordare infiniti simboli e nozioni, a scapito del piacere di leggere i versi e apprezzare la capacità di Dante di dare voce all’esperienza umana. I versi della Commedia si intrecciano al commento dell’autore e a riferimenti non solo ai classici conosciuti al tempo del poeta fiorentino, ma anche a opere successive, da Madame Bovary al Processo di Kafka. Un dialogo continuo tra passato e presente che disegna l’affresco di un’umanità sempre uguale, eppure in continuo mutamento, e che ci permette di vedere come sono cambiati i costumi, le abitudini, ma anche la concezione della violenza, della morte, dell’amore, delle stagioni e del tempo che passa. Così il testo prende vita, e l’Inferno viene restituito come un bellissimo racconto al lettore contemporaneo, mentre si addentra in un mondo allo stesso tempo vicino e distante. Perché leggere ancora la Commedia? Perché Dante dà risposta, ieri come oggi, ai problemi che assillano gli esseri umani dall’inizio dei tempi, e lo fa con stupefacente originalità e bellezza.
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