La primavera della strummula (Albatro Randagio)

Sono i miei ricordi di bambino vissuto in un collegio per orfani o disadattati che s'innestano nelle condizioni di vita degli anni '50, in un piccolo agglomerato di case della periferia di Palermo abitate prevalentemente da braccianti agricoli, quasi un guscio: il baglio di Villa Nave.
Non sono riuscito a liberarmi dalle innumerevoli sfumature di grigio che in alcuni momenti affogano nel nero più nero, ma questa è stata la mia vita e quella di tanti bambini cresciuti come me ai margini della società e che soltanto un destino ferocemente avverso ha deviato dalle strade tracciate. Così il paradosso che li insegue di avere la sorte avversa per vivere.

"Che cosa scriverebbero oggi le mie mani senza memoria?
Non possiedo diari ingialliti e sgualciti, sepolti dalla polvere come se fossero reliquie, e meno male, perché sicuramente avrei avuto maggiori rimpianti. Da allora, sono passati più di sessant’anni, mi rimaneva tanto tempo da vivere ed era abbastanza lontano il declino della mia vita. Quando iniziai a scavare in fondo tra le pieghe della mia memoria, trovai tante difficoltà: alla terra fertile e nera si alternavano massi gravidi d’incognite. Facevo fatica per portarli a galla e più i pozzi erano profondi, più le mie mani si riempivano di ferite. Non avrei voluto ma allora desistetti. Lasciai andare in basso le corde che sfregavano le mie mani e l’anima e mi sussurrai: «Meglio così, scriverò molto di risorte sensazioni e poco di sicure certezze».
Alcune di queste mie memorie sono molto nitide e hanno radici forti nella mia mente come se fossero scolpite nella ciaca più dura, anche se peccano di un filo cronologico. Altri ricordi sono annacquati dal tempo e la loro solidità è incerta ma sono mantenuti vivi da forti e brevi emozioni. Ancora oggi.
Nacqui in una stalla e non c’era nemmeno una finestra, nemmeno una grata a lasciare fuori luci e suoni. Tutto quello che sarebbe venuto dopo, era solo libertà. E così fu, ma solo per cinque brevi anni. Il seguito lo troverete martoriato di buoni e cattivi sentimenti che si alternano quasi alla rinfusa in episodi di vita e in storie che mi hanno sfiorato nelle calde giornate d’estate, le uniche dove mi era permesso di vivere anche la vita degli altri, rubandone ogni tanto delle sbrizze. Il Baglio, dove per la prima volta aprii gli occhi, era un grande palcoscenico e i teatranti si alternavano, anno dopo anno, vivendo la loro inconsapevole recita".
Filippo La Torre

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