I nomadi (Le silerchie)

Nel 1936, nel pieno della Grande depressione, il San Francisco News commissiona a John Steinbeck una serie di articoli sulla condizione dei braccianti agricoli immigrati in California. Sono americani del Midwest, colpiti dalla crisi e costretti a fuggire dalle tempeste di sabbia della Dust Bowl.
Reduce dal grande successo di Pian della Tortilla, Steinbeck sale su un furgone da panettiere e inizia il suo viaggio fra le vallate della California. Osserva le strade riempirsi di camioncini sgangherati, carichi di fantasmi vestiti di stracci e diretti alle piantagioni di uva, mele e cotone. Si imbatte in un’umanità prostrata, sfinita dal lavoro, umiliata. Annota nei suoi taccuini la vita fragile e penosa trascorsa in baraccopoli di latta, brandelli di stoffa e cartone, che si sciolgono sotto la pioggia. Incontra famiglie, un tempo orgogliose, scivolate nella povertà più amara e in un’apatia senza ritorno dopo aver perso i propri figli.
E traccia il negativo fotografico del mito della frontiera, dove all’epopea del pioniere si sostituisce il destino tragico di un popolo di senza terra, schiacciato dall’economia e dal flagello biblico di una natura infuriata. Un monito di intatta potenza che non cessa di vibrare nella contemporaneità.
Ma Steinbeck, nemmeno di fronte al vortice più fondo del degrado, smette di cercare la luce di una soluzione, di denunciare con il coraggio del cronista d’inchiesta e l’avventatezza del poeta le responsabilità dei latifondisti e le connivenze politiche, e di indicare gli esempi felici in cui l’abiezione cede il posto al riscatto.
Gli articoli raccolti nei Nomadi – proposti per la prima volta in traduzione italiana, con una straordinaria appendice fotografica di Dorothea Lange – non sono soltanto il serbatoio di carne e di sangue che alimenterà la macchina narrativa di Furore: fissano il momento in cui la realtà stessa si incarica di comporre il grande romanzo di cui Steinbeck sarà l’autore. Queste visioni di un mondo esausto e vitale compongono un’opera che rivela a ogni pagina la forza etica della scrittura, e indaga l’essenza barbarica di un mondo travolto dall’apocalisse con il tono incantatorio e severo di un profeta.

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