Pompei, Italia

“Pompei crolla”, “Pompei inaccessibile e transennata”, “Pompei ingovernabile”. Titoli di cronaca, ogni giorno che passa sempre meno sorprendenti. Dietro questi titoli c’è una storia millenaria di arte, distruzione e archeologia. Ci sono secoli di scoperte, visite, fascino e leggende. Ci sono decenni di convivenza con un territorio sempre più urbano e sempre più degradato, con una popolazione di cui sono cresciuti sia i numeri sia i problemi, con uno Stato che ne ha fatte un po’ di tutti i colori.

Raccontare Pompei, come fa Francesco Erbani in questo libro, è meritorio di per sé, perché illumina un luogo in cui si giocano alcuni temi fondamentali del passato, del presente e del futuro dell’Italia: la questione della gestione dei beni culturali tra emergenza e manutenzione, dell’uso e dell’abuso del territorio in un paese che ha il territorio a più alta densità di bellezza del mondo, dell’importanza del turismo come volano economico e del rischio che lo stesso turismo distrugga invece di costruire. E così via.

Ma raccontare Pompei, oggi, significa anche farsi rapire dalla forza delle metafore e delle allegorie, perché la città distrutta e sepolta dal Vesuvio diventa ben presto in questo libro di Erbani l’Italia intera: è impossibile resistere alla tentazione di vedere i problemi e le soluzioni provate, i disastri accidentali e quelli colpevoli, il folto cast di personaggi che popola la scena (commissari e camorristi, archeologi e vescovi, artigiani e disoccupati) come la rappresentazione di un microcosmo che rispecchia perfettamente il macrocosmo italiano.

Anche per questo, raccontare Pompei è necessario.

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