Siciliani ultimi? (Lettere Persiane)
- Autore
- Giuseppe Traina
- Editore
- Mucchi Editore
- Pubblicazione
- 25/08/2015
- Categorie
Con la morte di Sciascia, Bufalino e Consolo, molti sostengono che la letteratura siciliana sia finita. Ed è certamente vero, se pensiamo a una serie illustre di scrittori, tra i più bei nomi della letteratura dell’Italia unita. Se Sciascia, Bufalino e Consolo vanno annoverati ai vertici nel canone italiano di secondo Novecento, può essere utile, allora, raccogliere qui tre ampi studi dedicati ad alcune loro opere: all’Affaire Moro di Sciascia, alle antologie realizzate o progettate da Bufalino, a Retablo di Consolo. Con la fiducia che parlare di questi tre argomenti voglia dire anche parlare d’altro: di un grande e controverso uomo politico come Aldo Moro, di un’idea di letteratura come chiave per interpretare il mondo, dei fecondi interscambi tra scrittura e arti visive.
L’autore, dal canto suo, mentre tributa ancora un omaggio a questi tre grandi autori, è sicuro che la letteratura in Sicilia non sia affatto finita ma stia, invece, cambiando volto: in linea con i mutamenti della letteratura mondiale, e non su posizioni di retroguardia. Dedica, perciò, un articolato saggio introduttivo a quel che si muove tra gli attuali scrittori dell’isola: alle figure più rappresentative, ai giovani emergenti, alle principali linee di tendenza. Con la fiducia che, là dove qualcosa certamente finisce, qualcos’altro ricomincia: senza bruciare del tutto i ponti col passato ma nondimeno con uno sguardo acutamente rivolto al presente e al futuro.
L’autore, dal canto suo, mentre tributa ancora un omaggio a questi tre grandi autori, è sicuro che la letteratura in Sicilia non sia affatto finita ma stia, invece, cambiando volto: in linea con i mutamenti della letteratura mondiale, e non su posizioni di retroguardia. Dedica, perciò, un articolato saggio introduttivo a quel che si muove tra gli attuali scrittori dell’isola: alle figure più rappresentative, ai giovani emergenti, alle principali linee di tendenza. Con la fiducia che, là dove qualcosa certamente finisce, qualcos’altro ricomincia: senza bruciare del tutto i ponti col passato ma nondimeno con uno sguardo acutamente rivolto al presente e al futuro.
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