Ricordi e speranze nel tempo breve di una vita
- Autore
- Silvano Bragaggia
- Editore
- Affinità elettive
- Pubblicazione
- 11/08/2015
- Categorie
Le poesie di Silvano Bragaggia parlano al cuore perché dal suo cuore partono, o meglio, derivano dal suo animo nobile, generoso e sensibile.
I temi della vita, della morte, dell’amore in tutte le sue declinazioni si intrecciano in un crescendo continuo da cui emerge il tormento di chi ha vissuto esperienze prima gioiose poi sempre più tristi legate agli affetti e sentimenti più cari, alle passioni e agli eventi della sua vita: i nipoti Genny e Marcos, gli amici, i compagni, l’amore, il figlio e la moglie dolorosamente scomparsi, la morte dell’amica Elena, la malattia e l’ospedale come esperienze di vita.
Un tormento che sfuma in rimpianto (“Il tempo della vita”) struggente, melanconico ma non disperato per il “tempo troppo breve della vitalità” che ricorda Marcel Proust dell’à la recherche du temps perdu.
Per vincere l’indifferenza, il silenzio, il senso di vuoto che lo attanaglia, l’Autore sorride e si rifugia nell’Amore “profumo di vita” e “porto” della speranza che vince le tempeste dell’esistenza (“La carezza”) e sembra fermarne il tempo (“Socchiudo gli occhi”) nella favola eterna del lieto fine. L’amore come sogno che compare nella bella poesia “Vivere e morire” dove la sola esistenza dell’amata dà un senso alla sua vita: pochi versi espressivi ermetici che fanno pensare alla poesia di Quasimodo “È subito sera”.
Non mancano i paesaggi come stati d’animo: l’arcobaleno che illumina a festa il cielo dopo il temporale e quello, molto bello, della “Notte di luna piena” a Sirolo, paesaggio ellenico che riecheggia la poetessa Saffo che canta al plenilunio, dove la luna che riempie il mare illumina i naviganti e fa vibrare l’amore e la passione.
L’Autore si immerge in questo meraviglioso e palpitante spettacolo come il grande Leopardi “del naufragar m’è dolce in questo mare”.
E il mare è quello delle illusioni, dei tradimenti, dei silenzi che uccidono, della natura nemica, del tacito infinito andar del tempo, del mistero legato alla morte, dei rimpianti nostalgici come la vecchia signora che canta alla finestra e ricorda all’Autore la mamma e la nonna. Infine, la disperata ricerca della felicità con la consapevolezza della vanità del tutto ma al tempo stesso l’invito a cogliere l’attimo fuggente.
I temi sono espressi in un linguaggio intimo e a volte melodico e testimoniano una spiritualità di stampo romantico nella protesta contro la vita e il destino.
La sua poesia risuona di echi profondi, di intense vibrazioni, con emozioni estetiche, e nasce dalla ricchezza di sentimento e di pensiero, dalla meditazione, dall’amore per la vita di cui la poesia è la più elevata celebrazione. Acquistano così un senso i tormenti della nostra quotidianità, le disillusioni e le tristezze che si sublimano nel verbo poetico, in cui la cruda realtà viene riscattata e contemplata con altri occhi e altro cuore.
Per chiudere questo mio scritto userò la definizione di mio padre che ben si adatta a Silvano Bragaggia:
“Poeta è per me quello che impone il suo sigillo inconfondibile, la sua cifra, la sua anima nella parola…”.
Dalla Prefazione di Anna Teresa Cinti
I temi della vita, della morte, dell’amore in tutte le sue declinazioni si intrecciano in un crescendo continuo da cui emerge il tormento di chi ha vissuto esperienze prima gioiose poi sempre più tristi legate agli affetti e sentimenti più cari, alle passioni e agli eventi della sua vita: i nipoti Genny e Marcos, gli amici, i compagni, l’amore, il figlio e la moglie dolorosamente scomparsi, la morte dell’amica Elena, la malattia e l’ospedale come esperienze di vita.
Un tormento che sfuma in rimpianto (“Il tempo della vita”) struggente, melanconico ma non disperato per il “tempo troppo breve della vitalità” che ricorda Marcel Proust dell’à la recherche du temps perdu.
Per vincere l’indifferenza, il silenzio, il senso di vuoto che lo attanaglia, l’Autore sorride e si rifugia nell’Amore “profumo di vita” e “porto” della speranza che vince le tempeste dell’esistenza (“La carezza”) e sembra fermarne il tempo (“Socchiudo gli occhi”) nella favola eterna del lieto fine. L’amore come sogno che compare nella bella poesia “Vivere e morire” dove la sola esistenza dell’amata dà un senso alla sua vita: pochi versi espressivi ermetici che fanno pensare alla poesia di Quasimodo “È subito sera”.
Non mancano i paesaggi come stati d’animo: l’arcobaleno che illumina a festa il cielo dopo il temporale e quello, molto bello, della “Notte di luna piena” a Sirolo, paesaggio ellenico che riecheggia la poetessa Saffo che canta al plenilunio, dove la luna che riempie il mare illumina i naviganti e fa vibrare l’amore e la passione.
L’Autore si immerge in questo meraviglioso e palpitante spettacolo come il grande Leopardi “del naufragar m’è dolce in questo mare”.
E il mare è quello delle illusioni, dei tradimenti, dei silenzi che uccidono, della natura nemica, del tacito infinito andar del tempo, del mistero legato alla morte, dei rimpianti nostalgici come la vecchia signora che canta alla finestra e ricorda all’Autore la mamma e la nonna. Infine, la disperata ricerca della felicità con la consapevolezza della vanità del tutto ma al tempo stesso l’invito a cogliere l’attimo fuggente.
I temi sono espressi in un linguaggio intimo e a volte melodico e testimoniano una spiritualità di stampo romantico nella protesta contro la vita e il destino.
La sua poesia risuona di echi profondi, di intense vibrazioni, con emozioni estetiche, e nasce dalla ricchezza di sentimento e di pensiero, dalla meditazione, dall’amore per la vita di cui la poesia è la più elevata celebrazione. Acquistano così un senso i tormenti della nostra quotidianità, le disillusioni e le tristezze che si sublimano nel verbo poetico, in cui la cruda realtà viene riscattata e contemplata con altri occhi e altro cuore.
Per chiudere questo mio scritto userò la definizione di mio padre che ben si adatta a Silvano Bragaggia:
“Poeta è per me quello che impone il suo sigillo inconfondibile, la sua cifra, la sua anima nella parola…”.
Dalla Prefazione di Anna Teresa Cinti
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