La piccola Chartreuse

Alle quattro e mezza, in un quartiere qualsiasi di una qualsiasi città della Francia, i bambini escono dalle elementari. È «l’ora delle mamme » che, in un brusio di gioia squarciato da grida infantili, si chinano, immense, apprensive verso i loro bambini. Nel giocoso fuggifuggi generale, nella compatta massa dei corpi materni, ogni bambino è in grado di riconoscere il calore unico e familiare, la mano in cui cacciare la propria, la guancia su cui posare frettolosamente un bacio.
All’interno della schiera di bambini che si disfa, la piccola Éva è la sola a rallentare il passo. Come ogni sera, dubita di poter distinguere la madre nella massa in attesa, poiché sa che solo quando tutte le mamme si saranno disperse, svanite ai quattro angoli della strada, soltanto allora Thérèse, sua madre, apparirà… la sigaretta sulla punta delle dita, il sorriso come a elemosinare un po’ d’indulgenza.
Mentre la signora con il grembiule blu richiude la cancellata della scuola, Éva aspetta sotto il portico, sul marciapiede ostile. Lunghi minuti d’attesa, a scrutare le persone che s’avvicinano e a scoprirle tutte così insopportabilmente estranee, poi si staccherà dal muro a cui è addossata e partirà, correndo per la città con la cartella zeppa di libri che le colpirà le reni, sui marciapiedi scivolosi, tra i fari delle auto che le accecheranno gli occhi inondati di lacrime.
Mezz’ora più tardi, sarà investita dal furgoncino del libraio Etienne Vollard. E a Vollard sembrerà che quelle esili membra, quella carne pallida e dolce sia corsa diritta davanti al suo mezzo.
Per questo, quando Éva entrerà in coma, a Vollard, al grande e grosso e impacciato Vollard, non resterà che un compito: tentare di ridestare la bambina parlandole nell’unico modo che il libraio conosce, attraverso i libri che ha letto, le magiche parole che sono rimaste impresse nella sua mente e che tante volte l’hanno aiutato nella vita.
«Libro bello e sensibile che colpisce al cuore per la sua semplicità» (Denis Gombert), La piccola Chartreuse (così Vollard chiama la bambina, che è divenuta muta come la Chartreuse, la grande montagna) è un magnifico romanzo sul potere delle parole e sulla loro resistenza alla morte e al silenzio.

L'infanzia e il suo mistero, un libraio e le sue virtù in «un romanzo che risuona come una piccola musica nella notte».
L'Express

«Un libro bello e sensibile che colpisce al cuore con la sua semplicità.»
Amazon.fr

«Uno straordinario romanzo sul potere delle parole e sul silenzio dell'infanzia.»
Le Monde

«Un grande romanzo universale sulla vita, la solitudine, l'infanzia e l'assurdità del dolore.»
Patrick Morceli

«Una storia toccante, scritta in uno stile magnifico.»
Quotidien National

«Un magnifico romanzo sull'infanzia muta con cui ingaggia la sua lotta la letteratura.»
Observateur

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