Storia poetica di un ultimo gentiluomo

Abriano Albani, trentenne milanese di nobili origini, nei primi anni Cinquanta evade dal guscio dorato in cui la famiglia l’ha sempre protetto. Decide di andare in Canada, in Nova Scotia, per lavorare come taglialegna. Matura questa scelta radicale, conscio del fatto che solo un impegno manuale può dargli dignità di persona e offrirgli un ruolo vero all’interno della società. Facciamo esperienza così di una prospettiva inedita: l’emigrazione che dal nostro paese muove verso il Nuovo Continente si spinge fino alle più remote regioni del Nord America. Qui Abriano trascorre ore a segare tronchi che diverranno pulpwood, pasta di legno, e a insegnare inglese ad alcuni compagni veneti, come lui nuovi coloni in cerca di futuro. Conosce uomini provenienti da tutta Europa. Ognuno è portatore di una storia unica. Abriano le raccoglie tutte e custodisce la propria. Arriva anche a celare il suo vero nome, cambiandolo nel più comune Adriano. Vive questa nuova avventura sino al giorno in cui le autorità canadesi gli negheranno il permesso di soggiorno. Sarà così costretto a tornare a casa. A fianco di questo giovane tormentato, in un’età cruciale per ogni uomo, attraversiamo il secondo conflitto mondiale e vediamo i decenni centrali del Novecento illuminarsi di scenari nuovi, di racconti di vita e di amori, di voci, di viaggi (Portofino, Forte dei Marmi, Capri, Cortina d’Ampezzo, la New York del jazz…). Storia poetica di un ultimo gentiluomo è questo e molto altro. Una lettura coinvolgente con il respiro del romanzo di formazione e il fascino di un mondo destinato a scomparire nelle pieghe del nuovo millennio. Ma prima di tutto è una testimonianza di vita che ha impegnato l’autore fino alla sua morte avvenuta nel 2013 a ottantanove anni.

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