Lezione di tedesco

È il 1953 e nell’aula del riformatorio situato alle foci dell’Elba, non lontano dal confine tra Germania e Danimarca, è entrato oggi un individuo smilzo, profumato di brillantina. Si chiama Korbjuhn, dottor Korbjuhn, ed è entrato con l’aria che i ragazzi rinchiusi nel riformatorio chiamano korbjunesca, cioè sprezzante e timorosa insieme. Il dottor Korbjuhn si è fatto augurare il «buon giorno signore» e, senza preavviso, senza avvertimento, ha distribuito i quaderni dei temi. Non ha detto nulla. Semplicemente, quasi godendo della cosa, è andato alla lavagna, ha preso il gesso, ha alzato una mano insignificante e, mentre la manica gli scivolava fino al gomito scoprendo un braccio secco, giallognolo, vecchio almeno di cent’anni, ha scritto sulla lavagna il tema con la sua scrittura prona, obliqua, l’obliquità dell’ipocrisia. Era intitolato: «Le gioie del dovere ». Ora, nel chiuso della sua cella, il giovane Siggi Jepsen sta meditando davanti al suo quaderno dei temi con l’etichetta grigia. Siggi si trova alle foci dell’Elba, perché, nel lontano 1943, avrebbe raccolto in un vecchio mulino una serie di quadri rubati. In realtà, Siggi ha semplicemente nascosto le opere di un pittore amico, Max Ludwig Nansen, un artista espressionista, sulle quali pendeva la minaccia nazista di essere «verboten und verbrannt», proibite e bruciate.
Come cominciare quel compito sulle «gioie del dovere»? Da suo padre, poliziotto obbediente agli ordini, a qualunque ordine, nella Germania di Hitler? O forse dal pittore Nansen, capace di dipingere anche con i colori invisibili della libertà? Oppure parlare dell’urlo dei gabbiani nel vento che costringe la gente alle foci dell’Elba a camminare cupi? O raccontare del vecchio mulino diroccato sulla spiaggia del Mare del Nord dove un giorno cercò rifugio un figlio disertore? Siggi scrive, scrive della meraviglia di essere in un mondo così duro, fulgente, pieno di poesia, impietoso e bellissimo come questo celebre capolavoro della letteratura tedesca finalmente restituito al pubblico italiano in una nuova edizione.

«Un capolavoro.»
Die Zeit

«Un romanzo che… ci offre l’immagine di un’epoca ritraendo un piccolo mondo in tutta la sua immensità e grandezza.»
Stuttgarter Zeitung

«Siegfried Lenz… il quieto osservatore della vita.»
Marcel Reich-Ranicki

«Con questo poetico romanzo l’epos della letteratura tedesca del dopoguerra ha raggiunto il suo culmine.»
Albert von Schirnding

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