Tre stazioni

Merita una sosta e un invito di lettura questa opera di Antonella Anedda, sorta molti anni fa, prima della sua affermazione editoriale imponente tra case editrici di elevata diffusione come Feltrinelli e Mondadori. Prima della cascata di premi ricevuti, prima della consacrazione da parte della critica letteraria più prestigiosa.
Qui Anedda si concentra creando oasi di prosa meditativa, facendo perno su tematiche a lei care, veri e propri semi della sua sostanza poetica. La scrittura, asciutta e secante, indovina le soglie, i confini delle sostanze esistenziali, l’asse della bilancia tra il piatto lucente della grazia e quello cupo del dolore. Entriamo nel suo battito, nel suo inchiostro, tastando la consistenza impermanente della nostra capacità al bene e quella, più tenace, rivolta al male. Attraversiamo le trame della lentezza e della qualità attiva dell’attesa, incontriamo la nudità di Francesco, la risposta di Cristo ai soldati nel Getzemani, il cane leggero di Veronese nell’Ultima cena e la voce di Hannah Arendt.

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