Profumo di crisantemi

Per anni, dopo la morte di mio fratello, mi sono riproposto di narrare la sua storia, sperando che lo sforzo creativo mi aiutasse a elaborare il lutto; ma desistevo ancor prima di cominciare, incerto sul significato di quell’evento: perché un significato doveva pur esserci, altrimenti non avrei avuto motivo di raccontare. E se anche l’avessi trovato, avevo il diritto di contaminare con la mia interpretazione una vicenda in cui ero stato solo personaggio marginale?

Sarei rimasto bloccato nell’impasse, se altri anni e nuovi lutti non mi avessero costretto a considerare un quadro più ampio, la mia esistenza, in cui quella tragedia è solo un tassello, per quanto prezioso. Così mi sono rassegnato a ridimensionare l’importanza del caso che mi aveva ispirato, per concedere spazio a tutti gli altri.

Ne è risultata una sequenza di funerali, in realtà una riflessione sulla vita, più che sulla morte, ironica, disincantata, mai patetica; il cammino nella quotidianità di una famiglia qualunque, iniziato dalle incertezze di un bimbo e terminato dalle speranze di un nonno.

Chiedo venia per la prosa impegnativa: mi sembrava doveroso ripagare con una cornice epica e solenne la pazienza della morte per la libertà che mi sono concesso nei suoi confronti…

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