Vigilia di Natale 1980, Leeds, Inghilterra: lo Squartatore dello Yorkshire ha massacrato la sua tredicesima vittima. Lo cercano da anni per porre fine a una serie mostruosa, senza pari nella storia del paese. Potrebbe essere un vicino di casa, un padre, un poliziotto; potrebbe essere chiunque. È introvabile. Nel 1980, Leeds è una città in rovina, schiacciata da un cielo nero e persa in un punto qualsiasi dell’Inghilterra e del cosmo. Le fabbriche automatizzate sono le sue cattedrali: come se una bomba fosse esplosa lasciando alle macchine il dominio su un deserto infernale di cemento, freddo, buio, incredibilmente thatcheriano, dove gli uomini hanno lasciato il posto a entità spettrali e inferocite. Alla radio ronza il mantra dei notiziari: il disastro collettivo di una nazione depauperata e derelitta, tra gli scioperi dei minatori, gli attentati dell’Ira, lo shock dell’omicidio di John Lennon e i cadaveri dello Yorkshire, i cadaveri dello Yorkshire… Dentro un’utilitaria, parcheggiata in un autosilo, un ispettore piange lacrime disperate. È Peter Hunter, il poliziotto che indaga, compulsivamente quanto vanamente, sugli omicidi, trasformandosi da cacciatore a preda. 1980 – terzo capitolo del ciclo del Red Riding Quartet dedicato alla storia vera dello Squartatore dello Yorkshire – è la tragedia di una realtà finale, dove il delitto smette di essere l’eccezionalità e diviene la concrezione di un male libero di correre per il mondo, il coro è un riverbero di voci di bambini che urlano e sussurrano lontani e l’assassino è un angelo caduto. Vittima e carnefice, bene e male si fondono in una massa indistinta, imperforabile e oscura, una coltre nera in cui non filtra più luce. E l’assenza di luce diviene lo sfondo, e insieme il motore, degli omicidi e di ogni singola azione umana. David Peace – scrittore del contemporaneo fra i più importanti della sua generazione – forza magistralmente i confini tra realtà e finzione, scardina le costrizioni stilistiche dei generi facendo implodere uno alla volta il thriller, il romanzo storico, il noir. E reinventa instancabilmente il linguaggio con una scrittura sincopata, fatta di dialoghi fulminei e ritratti allucinati, di ripetizioni esasperate quanto esasperata e ripetitiva è la coazione al male dei suoi personaggi. Perché in un mondo che ha smarrito la strada non rimane che un unico ago magnetico: l’ossessione.
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