Il cacciatore di talpe (Semi)
- Autore
- Editore
- Abao Aqu edizioni
- Pubblicazione
- 01/01/2015
- Categorie
Un maresciallo dei carabinieri, Pinuccio De Matteis, che ama bere il caffè e legge "Delitto e castigo". Un vecchio farmacista apparentemente pazzo. Le valli del Delta del Po tra nebbia e sole. Una diceria di paese... E una bellissima donna in carriera. Assassinata.
“Il cacciatore di talpe” è un romanzo giallo insolito, dove l'autore pare non rispettare la regola che in un romanzo poliziesco non un'azione né un personaggio possono esistere senza collegamento con il plot e la sua soluzione. Giuseppe De Santis, in questa sua seconda prova narrativa, si concede invece ampi spazi per scrivere cose che sono state immaginate solo per il piacere di raccontare. Il viaggio, che il maresciallo De Matteis compie nella sua terra d'origine e a Napoli, dal punto di vista “giallo” è ininfluente, ma è proprio questo spazio narrativo - abilmente delineato - che fa la differenza, e la bellezza del romanzo. De Santis sa bene che la letteratura è lo spazio scelto dal tempo e fissa per sempre sulla pagina attimi di vita, sia che descriva di situazioni delittuose sia che descriva la natura delle valli del Delta del Po con il volo degli aironi... Esiste un filo che lega, in questo romanzo che è un caleidoscopio di voci e personaggi, di lingue “parlate” e letterarie (Dostoevskij, Leopardi,...), sguardi e suoni, tra vita e morte: è l'occhio del narratore. La sua capacità di “vedere” senza le lenti deformanti delle ideologie e dei punti di vista costrittivi; la sua passione per le sfide della mente e le superfici dell'esistenza. Un'esistenza dove spesso fa la sua comparsa il delitto e l'orrore, quasi che il mondo non potesse sussistere senza il male e il bene provocasse solo immobilità. «Si colgono in queste pagine – scrive Giovanni Lugaresi – dense e a tratti percorse da un afflato lirico, il senso (o il nonsenso?) della vita e della morte, l'amara considerazione che talvolta il confine fra bene e male è minimo, o addirittura irrilevante». Con “Il cacciatore di talpe”, per dirla con l'umor nero e la sconfinata pietà di Dostoevskij, lo scrittore Giuseppe De Santis ci offre un caso dei nostri tempi, nei quali il cuore umano si è intorbidato.
“Il cacciatore di talpe” è un romanzo giallo insolito, dove l'autore pare non rispettare la regola che in un romanzo poliziesco non un'azione né un personaggio possono esistere senza collegamento con il plot e la sua soluzione. Giuseppe De Santis, in questa sua seconda prova narrativa, si concede invece ampi spazi per scrivere cose che sono state immaginate solo per il piacere di raccontare. Il viaggio, che il maresciallo De Matteis compie nella sua terra d'origine e a Napoli, dal punto di vista “giallo” è ininfluente, ma è proprio questo spazio narrativo - abilmente delineato - che fa la differenza, e la bellezza del romanzo. De Santis sa bene che la letteratura è lo spazio scelto dal tempo e fissa per sempre sulla pagina attimi di vita, sia che descriva di situazioni delittuose sia che descriva la natura delle valli del Delta del Po con il volo degli aironi... Esiste un filo che lega, in questo romanzo che è un caleidoscopio di voci e personaggi, di lingue “parlate” e letterarie (Dostoevskij, Leopardi,...), sguardi e suoni, tra vita e morte: è l'occhio del narratore. La sua capacità di “vedere” senza le lenti deformanti delle ideologie e dei punti di vista costrittivi; la sua passione per le sfide della mente e le superfici dell'esistenza. Un'esistenza dove spesso fa la sua comparsa il delitto e l'orrore, quasi che il mondo non potesse sussistere senza il male e il bene provocasse solo immobilità. «Si colgono in queste pagine – scrive Giovanni Lugaresi – dense e a tratti percorse da un afflato lirico, il senso (o il nonsenso?) della vita e della morte, l'amara considerazione che talvolta il confine fra bene e male è minimo, o addirittura irrilevante». Con “Il cacciatore di talpe”, per dirla con l'umor nero e la sconfinata pietà di Dostoevskij, lo scrittore Giuseppe De Santis ci offre un caso dei nostri tempi, nei quali il cuore umano si è intorbidato.
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