Un fantasma a Varzi
- Autore
- Giovanna Murgia
- Pubblicazione
- 17/06/2014
- Categorie
Questo romanzo ha un antefatto “storico”, come racconta la professoressa di lettere Alba Serena ai suoi allievi in gita scolastica a Varzi: centocinquanta anni fa, nell’allora Regno d’Italia, venne decretata l’ultima condanna a morte per impiccagione. All’epoca il processo nei confronti di Giuseppe Malaspina e del figlio minorenne scatenò una scissione tra innocentisti e colpevolisti fra gli abitanti del vecchio borgo in cui il “Pippon” gestiva un’osteria e nei cui dintorni venne scoperto il feroce eccidio di una famigliola di agricoltori: i Tamburelli. Costoro erano considerati da tutti come delle brave persone, dedite al lavoro, ma per un caso sfortunato la loro cascina si trovava in un luogo desolato fra i boschi, proprio al confine fra le province di Genova, Alessandria e Pavia. Ciò attirava un gran numero di fuoriusciti, malviventi che trovavano comoda la dislocazione, per riuscire a sfuggire all’arresto da parte della polizia, proveniente da una di quelle località, essendo loro sufficiente spostarsi di pochi metri, per non essere più catturabili.
Il Malaspina, pur appartenendo ad un ramo cadetto della nobile famiglia, era un cattivo soggetto, di certo il capro espiatorio ideale per chiudere alla svelta un caso che provocava troppo scalpore, ma un’attenta lettura del resoconto degli atti processuali mette in rilievo incongruenze tali da far pensare ad un errore giudiziario. Anzitutto le accuse furono del tutto indiziarie, non suffragate da prove tangibili ed i testimoni a carico furono piuttosto ambigui e poco attendibili. Una possibile chiave di lettura sta nel fatto che il Pippon era anche uno strozzino e perciò s’era attirato molte inimicizie. In realtà il Malaspina, come i Tamburelli, citati nel romanzo e sue presunte vittime, sono gli unici ad essere realmente esistiti. Ciò che li riguarda è una ponderata ricostruzione, mentre tutto il resto deve essere visto come un parto della fantasia dell’autrice, pur nella verosimiglianza dei vari personaggi che appaiono nel racconto. La presenza di fantasmi e spettri vari, rende intrigante la trama e la scorrevolezza dei dialoghi invoglia a leggere il romanzo tutto d’un fiato.
Il Malaspina, pur appartenendo ad un ramo cadetto della nobile famiglia, era un cattivo soggetto, di certo il capro espiatorio ideale per chiudere alla svelta un caso che provocava troppo scalpore, ma un’attenta lettura del resoconto degli atti processuali mette in rilievo incongruenze tali da far pensare ad un errore giudiziario. Anzitutto le accuse furono del tutto indiziarie, non suffragate da prove tangibili ed i testimoni a carico furono piuttosto ambigui e poco attendibili. Una possibile chiave di lettura sta nel fatto che il Pippon era anche uno strozzino e perciò s’era attirato molte inimicizie. In realtà il Malaspina, come i Tamburelli, citati nel romanzo e sue presunte vittime, sono gli unici ad essere realmente esistiti. Ciò che li riguarda è una ponderata ricostruzione, mentre tutto il resto deve essere visto come un parto della fantasia dell’autrice, pur nella verosimiglianza dei vari personaggi che appaiono nel racconto. La presenza di fantasmi e spettri vari, rende intrigante la trama e la scorrevolezza dei dialoghi invoglia a leggere il romanzo tutto d’un fiato.
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