L'incarico

«[…] Anche qui il protagonista è un impiegato, costretto in un destino apparentemente mediocre, ma la sua vita è percorsa e attraversata da presentimenti, allarmi, allusioni, minacce, meschine passioni e oscure ma radicali utopie. Da questi stilizzati residui realistici, violentati da un impietoso grottesco monocromo, il Fiore ricava il suo clima narrativo e stilistico assolutamente tipico. I fatti che accadono nelle sue pagine hanno un duro rilievo, una risonanza secca e rapida, sgraziata, quasi un acre presagio intimidatorio e terroristico, eppure senti in essi una confusa urgenza religiosa, quasi un appello a una superiore razionalità spirituale di cui peraltro ci sfugge di continuo il segreto. Il suo è un mondo formicolante di segni smozzicati, di messaggi inascoltati e senza destinatario, di avvertimenti rabbiosi e indecifrabili. In questo libro, L’incarico, la materia narrativa è ancora più compatta e al tempo stesso ancora più ambigua. L’incarico affidato al protagonista è un’imprecisata destinazione, quasi una nuova dimensione spirituale che non sarà mai rivelata ma che circola già tra le cose come un’inquietante presenza, con la nitidezza sfuggente dei sogni che ci sembra di vivere con tutti noi stessi e che aprendo gli occhi sono già dileguati dalla memoria. Non si pensi tuttavia che il Fiore sia scrittore allusivo o di atmosfere. La sua profonda, incalzante inquietudine metafisica si incarna in figurazioni icastiche, in un’inesorabile catena di apparizioni romanzesche. Il mondo dell’ufficio, gli incontri con il sacerdote, e soprattutto il bellissimo ritornante capitolo della convivenza con la famiglia dell’amico carcerato sono raccontati con superiore evidenza; e la lettura di questi mirabili spezzoni di sequenze narrative è misteriosamente avvincente. Angelo Fiore è un forte e singolare scrittore di cui ci auguriamo che il pubblico percepisca la potente fantasia dolorosa».

Geno Pampaloni





Angelo Fiore nasce a Palermo nel 1908 e vi muore nel 1986. Assai scarse, per non dire inesistenti, le notizie sulla sua vita. È noto, comunque, che come i suoi personaggi Fiore visse nell’inferno burocratico d’un impiego pubblico prima e poi della scuola, dove insegnava inglese; e si sussurra altresì che, rintanato per anni in qualche pensione, egli subisse le alterne tentazioni della vocazione monastica e di quella, altrettanto coerentemente pedinata e quasi programmata lucidamente, dell’alienazione e del definitivo cedimento alle inquietanti “voci” del suo inconscio. Ma nel suo peregrinare da un albergo a un ospizio egli recava con sé, unico viatico, una valigia gremita solo di libri. E scriveva: è del ’63 il suo tardivo esordio, sponsorizzato da Luzi e Bilenchi, coi racconti di Un caso di coscienza, ai quali seguiranno i grandi romanzi pubblicati grazie all’appassionata mediazione di Geno Pampaloni: Il supplente (1964), Il lavoratore (1967), L’incarico (1970) Domanda di prestito (1976) e L’erede del Beato (1981). Riceverà anche i premi Selezione Marzotto (1967), Savarese (1970) e Castellamare del Golfo (1981), che tuttavia non modificheranno per nulla il suo riservato e diffidente costume, asceticamente indossato fino alla silenziosa scomparsa, alle quattro del mattino del 15 novembre 1986.

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