Il volo della martora

9 ottobre 1963, ore 22.39: 270 milioni di metri cubi di terra e roccia si staccarono dal monte Toc e precipitarono nel lago formato dalla diga del Vajont, sollevando un'onda alta 70 metri che spazzò la valle, travolgendo boschi, case, vite umane. I morti furono quasi duemila. Insieme alle loro esistenze andò perduto un intero mondo, un mondo che rivive in queste pagine grazie alla voce di Mauro Corona, appassionato cantore delle sue montagne, all'epoca della tragedia poco più che un bambino. Ventisei racconti che insieme dipingono in un grande affresco le vicende di uomini e donne semplici, ma anche di animali, di alberi e di rocce. Il libro d'esordio di Mauro Corona, definito allora da Claudio Magris «uno scrittore magico, capace di narrare storie fiabesche di brusca, elementare realtà». Una storia di fatica e sofferenza, l'epos di un universo scomparso, custodito con amore nella memoria dell'autore. Perché «la forza dei ricordi è una falce che taglia i tristi fieni dell'oblio».

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Quasi niente

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