Non posso ospitare (Pesci rossi)

Per riparare ai danni degli anni ’80 ci vorrebbero nuove accise. Un ricarico fisso sui ricordi o un tanto al chilo sui rimpianti.

C’è gente, per dire, che da certe pettinature non ne è uscita più. Cinquantenni con la sciatica da breakdance. Massaie in analisi dopo il taglio di treccine di Boy George.

Un’epoca che ha illuso anche loro: il Fuoricampo da un lato, Lei dall’altro. Oggi anonimi e lontani, con un matrimonio affossato dalle aspettative, figli a cui spiegare e monolocali da arredare. Negli ’80, invece, tutt’altra roba: erano Mister Glamour e Miss Anymore, ventotto anni in due nella gita a Napoli, sospiratori in bermuda da manuale del perfetto amore. Capitolo tot paragrafo enne: che incontro è senza il profumo del glicine a maggio. Che fuga è senza lo scatto liberatorio del lucchetto al motorino.

Alla fine, chissà, la morale è che certe storie devono morire giovani. Come gli eroi, le farfalle, le soste del circo in paese. Perché a scorrerle dopo, cresciute di vent’anni, succede un po’ come con quei dischi ascoltati al contrario: sbuca la profezia, il sottotesto, il messaggio ignorato. E tutta la poesia, di colpo, diventa uno stridere di puntina fra i solchi.

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