La bella signora Seidenman (Gli Adelphi)

«Dorata, violetta e bella», Irma Seidenman si trova a vivere in un luogo e in un momento che sono un compendio dell’atrocità: Varsavia, primavera del 1943. Col suo «viso nordico e risoluto», compare davanti a un ufficiale tedesco e nega di essere ebrea. Non le credono e viene imprigionata, in attesa della deportazione. Cominciano a questo punto a tessersi gli eventi intorno a lei. Stratagemmi per salvarla, passioni trattenute che finalmente traboccano, gesti di abiezione, gesti di abnegazione. Szczypiorski disegna con tratto fine e sicuro, che ricorda quello di Joseph Roth, questa ragnatela di eventi. E la intreccia con delicatezza nel groviglio sanguinoso dei fatti che avvengono simultaneamente nella città, come anche lascia che si estenda nel tempo, e ancora fasci la memoria dei pochi che sono sopravvissuti a quegli anni. Sotto altri regimi, sotto altri cieli, quegli eventi continuano a ramificarsi, trovano sviluppi rivelatori, tornano nei sogni di persone che spesso, ora, portano persino altri nomi. Si direbbe che quanto accadde in quel luogo, in quei mesi, e le cui tracce si sono in gran parte dissolte nella polvere e nella cenere, non possa che continuare ad avvolgerci, perché mentre avveniva era davvero «il centro della terra, l’asse dell’universo, dove lo stupido si intrecciava col sublime, il più abietto dei tradimenti con la dedizione più pura».
"La bella signora Seidenman" è apparso nel 1986.

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Szczypiorski è un maestro della narrazione polifonica, come già sanno i lettori della "Bella signora Seidenman". E in questo romanzo si direbbe che abbia spinto la sua arte all’estremo: parlano molte voci – un ebreo addetto ai crematori di Auschwitz, un ufficiale nazista, un funzionario della polizia politica, un burocrate del Partito, un militare dei Servizi speciali sovietici, un perseguitato...