Una pagina di storia: e altri racconti (Biblioteca)

A tutti è dato a un certo punto di dover fare i conti con le proprie ambizioni, i propri sogni e le proprie realizzazioni. A coloro, tuttavia, per iquali sogni, ambizioni e realizzazioni hanno il compito di tenere a bada o celare una natura fragile, una sensibilità eccessiva o un’origine
sconveniente, questi momenti critici si danno spesso sotto forma di naufragi definitivi, catastrofi ineludibili, vergogne inappellabili.
In queste storie, contenute in Les oiseaux vont mourir au Pérou, un’opera più ampia scritta nel 1960, subito dopo aver lasciato la diplomazia, Romain Gary tratta con ironia e tono scanzonato di queste catastrofi e di queste inappellabili, sublimi vergogne.
C’è, ad esempio, il conte di N., ambasciatore di stanza a Istanbul, la città in cui le civiltà vengono a morire in bellezza. Alto, sottile, con un’eleganza che ben si accompa gna a mani lunghe e delicate, il conte vagheggia di essere nominato a Roma. In realtà, un segreto struggimento lo rode, una fragilità che le buone maniere non sempre bastano a proteggere, e che lui attribuisce a un temperamento artistico inappagato. Dopo l’incontro con il nipote di Ahmed, lo scaltro venditore del bazar di Istanbul, e dopo essere stato introdotto alla magia dell’oûd, il liuto arabo, il conte di N. scopre ben altra sensuale vocazione.
C’è Kopfff, soldato del Füh rer che vorrebbe ridurre in cenere Pletsvi, un paesino grazioso, dall’aria placida e innocente, nel folto della foresta dei Carpazi. Monocolo sull’occhio, stivali lucidati con cura, i bottoni e il cinturone che brillano nella notte, l’uniforme di gala, Kopfff crede di avere un appuntamento con la bella Morte in nome della Causa. In realtà è solo lo strumento di Michel Christianu, un vecchio smanioso di regolare i conti con Fédor, il vicino che ha messo incinta sua figlia.
C’è S., ricchissimo collezionista d’arte, che si contende i Rembrandt con i musei americani, ha l’unico Vermeer autentico scoperto dopo i falsi di Van Meegeren, due castelli in Fran cia, le dimore più sontuose a New York e a Londra, un gusto impeccabile, le onorificenze più lusinghiere,un passaporto britannico, una bella e giovane moglie siciliana di nobile lignaggio e, tuttavia, viene sconfitto, e tristemente ricondotto alle sue origini di piccolo straccione di Smirne, in una feroce disputa con un suo pari di Napoli, un collezionista partito da una piccola drogheria per ritrovarsi poi a capo del più grande trust alimentare d’Italia.
Il tono scanzonato con cui Gary tratta di questi destini non deve ingannare. Come lui stesso ebbe modo di dichiarare, al centro di questi racconti è «le phénomène humain», qualcosa che non cessava di sconcertarlo al punto da «farlo esitare tra la speranza di una qualche rivoluzione
biologica o di una rivoluzione in quanto tale».

Cinque racconti inediti dell’autore
de La vita davanti a sé

«Ricordo bene il suo sguardo… Romain Gary aveva grandi occhi chiari tendenti al verde. Gli zigomi sporgenti… era nato russo, era ebreo, gitano, slavo,era uno scrittore-avventuriero… era orgoglioso
e aveva un antico senso dell’onore».
Bernardo Valli

«Eroe di guerra, scrittore dai molti volti,
tombeur de femmes, dandy. Per descrivere Romain Gary non basta un elenco di aggettivi: la sua storia
è un piccolo compendio del Novecento».
Lara Crinò

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