Le storie degli altri (Bloom)

Un tempo, si sa, la condizione vedovile suscitava rispetto, era considerata una sorta di punto d’arrivo. Oggi invece alle vedove, soprattutto se giovani, viene chiesto subito di voltare pagina, di esibirsi in una trionfante ripresa oppure di togliersi di mezzo.
Celia Cassill non ha avuto esitazioni da quando suo marito è passato a miglior vita: ha scelto la seconda opzione. Si è rintanata nella casa acquistata coi soldi che le ha lasciato il consorte, un piccolo palazzo nel centro di Brooklyn, circondato da un giardino di quasi cento metri quadri, con un vecchio cespuglio di lillà che, quando fiorisce, è di un viola intenso d’altri tempi. Per trarne il giusto per vivere, ha affittato poi tre bilocali della casa.
Nell’appartamento sopra al suo vive perciò George, un poeta gay che fino a qualche tempo fa aveva un coinquilino, un amante sparito nelle notti in cui Celia sentiva George camminare sulle assi di legno, a passo cadenzato, avanti e indietro, avanti e indietro, come se si stesse addestrando a raggiungere la precisione.
Al terzo piano abita il signor Coughlan. È stato nella marina mercantile e poi ha navigato come capitano di traghetto. Una volta ha salvato dall’annegamento un ragazzo di diciassette anni caduto in mare; un’altra ha impedito ma un’epilettica in pieno attacco di ingoiarsi la lingua. Ha ottantadue anni, e si sforza di far capire a Celia la freschezza di tutta l’aria che ha respirato e la bellezza della vita nella sala macchine.
Gli inquilini dell’appartamento numero tre sono i Braunstein, una coppia moderna, feconda di progetti. Angie, la moglie, è una crociata di molte guerre sante e Mitchell, il marito, cerca di non essere da meno. Partecipano alle veglie a lume di candela contro la pena di morte, manifestano contro gli esperimenti sugli animali, contro quelli che mangiano carne di vitello. Odiano i repubblicani, i SUV, l’ignoranza e i prodotti candeggianti.
La vita appartata di Celia sarebbe irreprensibile se due eventi non venissero a scalfirne la perfezione. Il signor Coughlan scompare un giorno, e George parte per l’Europa lasciando il suo appartamento a Hope, una donna di una femminilità sfrontata, con le gambe lunghe, il rossetto scuro, i capelli raccolti in una crocchia e una cerchia di amici bohémien. Una donna che turba cosí profondamente Celia da generare in lei una inaspettata, fatale attrazione.
Romanzo indicato dall’Associazione dei Librai Indipendenti Americani come uno dei migliori della recente stagione letteraria, Le storie degli altri «espone, nella sua impeccabile scrittura, le diverse stratificazioni del tempo, del dolore e dell’amore nell’esistenza urbana contemporanea » (The Millions).

«Ipnotico, meraviglioso e pericolosamente… erotico».
Jonathan Ames


«Amy Grace Loyd riesce nel lavoro piú difficile di uno scrittore:
restituire ogni minuscolo dettaglio delle cure e dei tormenti
dei personaggi».
The New Yorker

«Nel romanzo di Amy Grace Loyd, l’appartamento non è soltanto
una casa. È la metafora dell’isolamento e della prossimità con gli altri».
O, The Oprah Magazine

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