L'altra riva del Bosforo
- Autore
- Theresa Révay
- Editore
- BeaT
- Pubblicazione
- 27/07/2015
- Valutazione
- 1
- Categorie
Un anno infausto il 1918 per Selim Bey e per l’intera Stamboul. Le navi da guerra degli Alleati hanno gettato l’ancora nel Bosforo, e la città freme di sdegno per quell’intrusione. Inglesi, francesi, italiani, persino greci. Un’invasione d’infedeli, l’umiliazione più grande.
Certo, gli ottomani hanno perso la guerra e firmato l’armistizio con gli inglesi il 30 ottobre. Il triste spettacolo dei profughi ospitati nei cortili delle moschee – intere famiglie scacciate dal progressivo disfarsi di un Impero in decadenza – è, tuttavia, una ferita ancora aperta nel cuore di Selim e di sua moglie Leyla.
A questo si aggiunga la scomparsa, e il ritorno a casa in circostanze ancora peggiori, di Ahmet, il loro piccolo di sette anni. Desideroso di andare a contemplare le corazzate all’ancora nel porto, Ahmet ha superato il muro di cinta che protegge la loro proprietà e si è immerso nel dedalo della vecchia Stamboul, dov’è facile smarrirsi anche in giornate benedette da un sole radioso. Dopo lunghe ore di angosciosa attesa, è riapparso in compagnia di un francese, Louis Gardelle, un ufficiale snello, asciutto, con i capelli neri ingrigiti sulle tempie e, alle mani, il tremito tipico dei combattenti con l’anima ammaccata dalle ostilità. Messo in tempo di guerra, Gardelle ha annunciato la buona e la cattiva novella. La buona: la ricomparsa di Ahmet, raccolto dal suo autista davanti al paraurti della sua macchina. La cattiva: la requisizione da parte dei francesi della casa in cui Selim e Leyla hanno vissuto da sempre.
Trasferirsi nello yali, la casa tutta di legno sulla riva asiatica, dove sono soliti soggiornare in primavera appena fioriscono gli alberi di Giudea, potrebbe essere una soluzione per la coppia. Una prospettiva, tuttavia, che non soddisfa affatto Selim Bey che invece comincia ad accarezzare l’idea di mettere a frutto le sue doti di diplomatico esperto raggiungendo Londra, con cui Mustafa Kemal sta cercando da tempo di trovare accordi in segreto.
I giorni che seguiranno saranno importanti per il destino della Turchia, ma ancora più importanti per Leyla. Rimasta sola, la donna si abbandonerà alle sue passioni di ragazza, allo studio del tedesco e della storia del suo paese, finché l’incontro con Hans Kästner, un archeologo tedesco ferito gravemente da un colpo di fucile in circostanze oscure, non muterà radicalmente il senso della sua esistenza.
Intrecciando con maestria avvenimenti realmente accaduti e personaggi di finzione, Theresa Révay riesce nell’impresa di «rinnovare la grande tradizione del romanzo romantico» (Le Maine Libre), e di offrire ai lettori una splendida storia d’amore che parla di libertà e di destino e di ciò che, ieri come oggi, separa Oriente e Occidente.
Certo, gli ottomani hanno perso la guerra e firmato l’armistizio con gli inglesi il 30 ottobre. Il triste spettacolo dei profughi ospitati nei cortili delle moschee – intere famiglie scacciate dal progressivo disfarsi di un Impero in decadenza – è, tuttavia, una ferita ancora aperta nel cuore di Selim e di sua moglie Leyla.
A questo si aggiunga la scomparsa, e il ritorno a casa in circostanze ancora peggiori, di Ahmet, il loro piccolo di sette anni. Desideroso di andare a contemplare le corazzate all’ancora nel porto, Ahmet ha superato il muro di cinta che protegge la loro proprietà e si è immerso nel dedalo della vecchia Stamboul, dov’è facile smarrirsi anche in giornate benedette da un sole radioso. Dopo lunghe ore di angosciosa attesa, è riapparso in compagnia di un francese, Louis Gardelle, un ufficiale snello, asciutto, con i capelli neri ingrigiti sulle tempie e, alle mani, il tremito tipico dei combattenti con l’anima ammaccata dalle ostilità. Messo in tempo di guerra, Gardelle ha annunciato la buona e la cattiva novella. La buona: la ricomparsa di Ahmet, raccolto dal suo autista davanti al paraurti della sua macchina. La cattiva: la requisizione da parte dei francesi della casa in cui Selim e Leyla hanno vissuto da sempre.
Trasferirsi nello yali, la casa tutta di legno sulla riva asiatica, dove sono soliti soggiornare in primavera appena fioriscono gli alberi di Giudea, potrebbe essere una soluzione per la coppia. Una prospettiva, tuttavia, che non soddisfa affatto Selim Bey che invece comincia ad accarezzare l’idea di mettere a frutto le sue doti di diplomatico esperto raggiungendo Londra, con cui Mustafa Kemal sta cercando da tempo di trovare accordi in segreto.
I giorni che seguiranno saranno importanti per il destino della Turchia, ma ancora più importanti per Leyla. Rimasta sola, la donna si abbandonerà alle sue passioni di ragazza, allo studio del tedesco e della storia del suo paese, finché l’incontro con Hans Kästner, un archeologo tedesco ferito gravemente da un colpo di fucile in circostanze oscure, non muterà radicalmente il senso della sua esistenza.
Intrecciando con maestria avvenimenti realmente accaduti e personaggi di finzione, Theresa Révay riesce nell’impresa di «rinnovare la grande tradizione del romanzo romantico» (Le Maine Libre), e di offrire ai lettori una splendida storia d’amore che parla di libertà e di destino e di ciò che, ieri come oggi, separa Oriente e Occidente.
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Recensioni e articoli
L’altra riva del Bosforo | Révay Theresa — RecensioniLibri.org
Non si può fare a meno di considerarlo comunque insolito, tanto per la località al centro del racconto che per l’incontro di due mondi che propone: Medio Oriente e Occidente. Non è un argomento al quale i romanzieri ci hanno abituati, è un tema davvero esotico e per questo ancora più interessante. Leggi tutta la recensione
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