Stati di grazia (La cultura)

Nella Sicilia viscerale degli anni cinquanta il maestro di scuola trentenne Paride Sanchis vive una quotidianità grigia, ordinaria, soffocante: una moglie ormai distante, una figlia impaurita dai continui sbalzi d’umore del padre, l’ennesimo allievo che abbandona la classe per lavorare al fianco dei genitori, nei campi o in miniera. Quando Bartolo, il suo alunno silenzioso che amava studiare, muore schiacciato da una roccia in una zolfara, Paride crolla e disperato acquista un biglietto per Buenos Aires facendo perdere le sue tracce. Ma non sarà lui a partire: con i documenti e il biglietto di Sanchis un altro uomo prende il mare, anche lui in cerca di salvezza e di una nuova vita. In Argentina, l’altro Paride trova la violenza della dittatura e la contestazione, si innamora di una donna, Ximena, poi la perde, trascinata in un centro di detenzione e torturata. Alle tragedie di queste vite rispondono altre voci, in movimento sulla tratta opposta: Matilde che fugge dal marito violento, sceglie la guerriglia, assalta una banca dopo essersi rifugiata da Arturo; Arturo, tipografo in Argentina e poi a Roma con Johnny, la protegge e non la dimentica anche quando l’abbandona per salvare la compagna Aurora; Aurora, nome di battaglia Sylvia Plath, che ha amato un medico, ha scelto l’esilio e ora ama Rosa; Johnny, giovane esule argentino con una moglie tedesca e un segreto vergognoso da nascondere. Le vite di Paride, Leonardo, Ximena, Rosa, Arturo, Diego, Aurora, Johnny, Matilde, dei loro amici, parenti, aguzzini si incardinano le une nelle altre e si snodano tra la Sicilia di metà Novecento, l’Argentina di Videla, la Roma degli anni settanta per poi concludersi, circolari, là dove tutto è cominciato. Sono storie fragili, di fughe, abbandoni, dispatri, incontri e rinunce. Raccontano uomini che si sentono esuli nella propria città e nella propria famiglia, alieni nel proprio lavoro, poveri, schiavi dell’economia. Soli, ossessionati all’impossibilità di cambiare, scelgono di sparire. Stati di grazia è un labirinto di luoghi, segni, incontri, libri, sogni, storie che generano altre storie, un universo di personaggi che vagabondano irrequieti nella storia tragica del Novecento, con un destino inevitabile evocato attraverso una lingua lucida e meravigliata, ipnotica e visionaria, innervata di continui cambiamenti di ritmo, pause riflessive e accelerazioni vertiginose. I capitoli avanzano per enumerazioni di cose viste, dette, fatte, sentite, pensate, tra futili grandezze e magnifiche miserie, brandelli di memorie e testimonianze di archivio, come appunti di uno storico, un biografo o un detective: gli Stati di grazia, dove iniziano ad affiorare gli scomparsi.

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