Amico mio, sono felice: La storia di Giulio, mio figlio autistico, e della nostra sfida quotidiana sui banchi di scuola e nella vita

«Papà farà tutto ciò che è possibile, e anche di più, per farti stare meglio. È una promessa.» Così aveva detto Vincenzo D'Aucelli a suo figlio Giulio quando aveva solo tre anni e gli specialisti avevano appena emesso una diagnosi difficile da accettare: autismo ad alto funzionamento. Combattere contro il suo disturbo e garantirgli una vita ricca e attiva è diventata da allora la missione della famiglia D'Aucelli, in particolare di suo padre Vincenzo, che da undici anni lo affianca, come un coach esigente, nello studio e nel tempo libero. Al punto che si è laureato in scienze della formazione per poter seguire Giulio in un momento cruciale della sua vita: l'ingresso nella scuola superiore. Infatti, dal 2013, per la prima volta in Italia, un padre è ammesso a presenziare alle lezioni ed è il compagno di banco ufficiale del figlio, un'ombra discreta che lo stimola a dare il meglio di sé. Il risultato è straordinario: Giulio vive con piacere lo studio in aula e a casa, e i suoi voti sono buoni. Oggi frequenta il secondo anno dell'istituto tecnico commerciale, ed è un adolescente allegro e affettuoso, furbo e testardo. Suona il piano, va a cavallo, adora nuotare e andare al cinema. Ama stare in compagnia degli amici e con le ragazze è gentile e simpatico. Insomma, è simile ai suoi coetanei, ma è anche diverso da tutti loro: «Se fosse un'automobile, sarebbe un modello non costruito in serie, ma unico, originale e uguale solo a se stesso, con prestazioni eccezionali in alcuni ambiti e qualche difetto» dice orgoglioso Vincenzo. Forte di questa convinzione e con infinita pazienza e tenacia, ha creato un suo metodo che non si ispira ai manuali, ma è fondato sull'esperienza concreta di un padre che vuole offrire al figlio autistico una vita uguale agli altri; che crede nella forza dell'amore per trasmettere fiducia e sicurezza nei momenti più difficili; che non ha mai smesso di pensare che Giulio può e deve farcela: «La vita non è il traguardo finale da raggiungere, ma è costituita dal percorso che si fa, dalle tante stazioni in cui fermarsi, prima di ripartire. Non ha importanza se gli altri prenderanno un Frecciarossa, noi ce la faremo anche con un regionale». Nelle quindici ore quotidiane che trascorre a fianco di Giulio, lo spinge sempre a scoprire la realtà nelle sue tante sfaccettature, dal cinema alle feste con i compagni di classe, dal monopattino, quando era più piccolo, alle montagne russe. È una presenza discreta, che protegge e interviene solo in caso di necessità. Un sacrificio? No, una scelta d'amore. Non scevra di difficoltà, compensate tuttavia dalle soddisfazioni. Come la gioia quando Giulio gli dice: «Amico mio, sono felice». E come il piacere di leggere nel suo sguardo l'ingenuo stupore di fronte alla bellezza del mondo, a volte preclusa a questi ragazzi, se parcheggiati in centri diurni e affidati a educatori forse non sempre all'altezza del loro compito. Il messaggio di Vincenzo è chiaro: l'autismo si può combattere, a piccoli passi e con costanza, infondendo coraggio e fiducia a chi ne soffre. Papà Vincenzo la sua lontana promessa l'ha mantenuta in pieno.

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