Alì Piccinin. Un mortegiano pascià di Algeri
- Autore
- Editore
- Riccardo Nicolai
- Pubblicazione
- 10/03/2016
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La prima volta che sentii parlare di Alì Piccinin fu una sera d’estate di qualche anno fa in occasione di una manifestazione culturale alla Rocca di Massa; in quella “Strarocchese”, la persona preposta alla guida dell’evento, durante la passeggiata dalle parti di Porta Quaranta, sotto il Castello Malaspina, raccontava dell’origine della costruzione delle mura di Massa Nova e dei motivi che indussero il Marchese Alberico I Malaspina a erigere una protezione per il borgo. Fra questi vi era il pericolo delle incursioni dei pirati barbareschi che spesso e volentieri si spingevano fino ai piedi della Rocca. Fu proprio durante una di queste “visite” avvenute nella metà del ‘500 che fu rapito Alì Piccinin, un bambino di Morteto, tradotto ad Algeri ove fece fortuna per le sue doti di irriducibile corsaro. Nella terra nordafricana le sue gesta gli valsero negli anni la carica di Capo della Taifa (Corporazione dei Raìs); Grande Ammiraglio della flotta navale di Algeri (all’epoca in cui Algeri era la regina incontrastata del Mediterraneo) e poi Pascià (nominato sul campo dal Sultano di Costantinopoli Ibrahim I).
Fu a partire da quella “Strarocchese” che cominciai la ricerca dello spirito di Alì Piccinin e quando mi ritrovai tra le mani il carteggio che il nostro villano tenne con Alberico Malaspina presi spunto per redigere queste pagine.
Fu a partire da quella “Strarocchese” che cominciai la ricerca dello spirito di Alì Piccinin e quando mi ritrovai tra le mani il carteggio che il nostro villano tenne con Alberico Malaspina presi spunto per redigere queste pagine.
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