Tumulto (Supercoralli)

Dei viaggi, degli incontri, degli amori, delle delusioni, dei tumulti privati non meno che di quelli politici, Enzensberger rende conto, mezzo secolo dopo, questo insolito libro di memorie, costruito sulla base di pagine diaristiche, di riflessioni attuali, di dialoghi fittizi fra l'autore anziano e quello giovane, e permeato da quel distacco critico e da quell'understatement che da sempre sono segni distintivi dello scrittore.

Non si puo certo dire che nel corso della sua esistenza Hans Magnus Enzensberger si sia tirato indietro, abbia evitato, spaziando da una forma letteraria all'altra, di dire la sua su una straordinaria varietà di temi: dalla letteratura alla politica, dalla storia alla sociologia. Senza dimenticare la matematica. Su un argomento era però stato molto prudente, per non dire latitante: sugli anni Sessanta e sul ruolo da lui avuto in quella fase così ricca di suggestioni e stimoli. Fortunamente però esistono le cantine. Nella sua, Enzensberger ha infatti ritrovato - del tutto casualmente, afferma - una serie di diari e appunti redatti a partire dal 1963 quando una inaspettata e un po' misteriosa lettera proveniente dall'Italia lo invitava a partecipare, con la crème dell'intellighenzia occidentale-orientale (fra cui Sartre e De Beauvoir, Ungaretti, Golding, Richter, Evtusenko), a un congresso di scrittori a Leningrado: in piena Guerra fredda, è vero, ma anche nella fase di apertura dell'Unione Sovietica, allora guidata da Nikita Chruscev che (come ci raccontano le note diaristiche) si rivelerà un padrone di casa pacioso e assai alla mano. A quel primo soggiorno, ne seguì un altro, molto più lungo, tre anni dopo. E questo segno l'inizio del Tumulto. Dapprima privato, con l'accendersi della passione per Marija Aleksandrovna Makarova, detta Masha, che sarà la protagonista di «un travolgente romanzo russo», ma ben presto anche pubblico, perchè negli Stati Uniti, in Germania, in Francia, insomma un po' ovunque stava montando la grande onda che sfocerà poi nel '68. Una fase della quale Enzensberger fu un protagonista allo stesso tempo presente e assente: perché se da un lato era lui a pubblicare «Kursbuch», la rivista teorica piú importante di quegli anni, era in lui che molti «compagni» vedevano una sorta di guida, dall'altro egli faceva di tutto per non farsi ingabbiare, per conservarsi quell'autonomia di giudizio, quella libertà di pensare che lo contraddistingue ancora oggi. A un certo punto tutto finí. Ma niente era piú come prima, la Germania era cambiata, vi «accadevano cose prodigiose [...] si poteva avere l'impressione che fosse avviata verso la normalità»: la normalità di un paese consapevole delle proprie responsabilità storiche ma allo stesso tempo, e proprio per questo, piú aperto e tollerante.

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