Il Maestro della Testa sfondata: Un caso per il commissario Melis
- Autore
- Hans Tuzzi
- Pubblicazione
- 05/05/2016
- Valutazione
- 1
Il Venerdì - la Repubblica
«Melis è abilissimo a depistarci… per poi riportarci al vero colpevole, inaspettato, proprio perché gli indizi erano sotto i nostri occhi ma non volevamo vederli.»
Francesca Frediani, D - la Repubblica
Febbraio 1978: nessuno può ancora saperlo, ma fra poche settimane il rapimento di Aldo Moro cambierà per sempre la storia d’Italia. Ma oggi è soltanto l’alba nebbiosa di un sabato qualunque, in un inverno come tanti altri. Fino a quando, nell’estrema periferia della Barona, a Milano, fra i casermoni popolari e la triste luce dei lampioni, su un autobus fermo a un capolinea che non è il suo, viene trovato il cadavere dell’autista, i pantaloni abbassati e la testa sfondata da una serie di violenti colpi alla nuca.
Il giovane commissario Melis, incaricato delle indagini, resiste alla tentazione di archiviarlo come un banale caso di aggressione. E quando scopre che l’uomo lavorava a tempo perso per uno stimato libraio antiquario morto d’infarto pochi giorni prima, decide che questa coincidenza merita d’essere approfondita. Così, di coincidenza in coincidenza, di indizio in indizio, di tassello in tassello, Melis si ritrova a indagare nel mondo a lui sconosciuto dei libri antichi e dell’antiquariato, passando fra ambienti sociali molto differenti e distanti fra loro. L’approfondita e accurata indagine sul delitto – anzi, no: sui delitti, perché l’omicida colpisce ancora, e con ferocia – attraversa sguaiati quartieri popolari e felpati salotti borghesi, curiose botteghe artigiane e raffinati templi della bibliofilia per consegnare al lettore l’intenso e sfaccettato romanzo di una città: Milano. E un personaggio a tutto tondo ormai molto amato dai lettori: il commissario (poi vicequestore) Norberto Melis.
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Recensioni e articoli
Inchiostro rosso sangue — Il Consigliere Letterario
Certo, in più di un momento la prosa di Tuzzi, sempre raffinata, sembra in qualche misura uscire di strada, abusare dei vestiti preziosi di cui s’agghinda per dar voce agli appassionati bibliofili e agli addetti ai lavori con cui Melis è costretto ad avere a che fare e perdersi in una fanciullesca contemplazione di sé. Ma se di peccato si tratta, lo si può senza patemi rubricare tra quelli veniali. Leggi tutta la recensione
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