La truffa come una delle belle arti

Il vero truffatore è una sorta di Don Chisciotte rovesciato: l’ingenioso hidalgo desiderava assolutamente credere vere le favole dei libri di cavalleria; il truffatore fornisce la materia
prima a chi cerca qualcosa da credere assolutamente vero.
Picaresco, avventuroso, divagante, comico, a modo suo filosofico (di una filosofia illuministica e sorniona, alla Diderot), il romanzo La truffa come una delle belle arti di Gianluca Barbera racconta le vicende di una dinastia di truffatori, i catanesi Lopiccolo, dal 1842 a oggi, intrecciandola con le
vicende storiche italiane ed europee, ed evocando pian piano un’immagine del mondo come grande coacervo di truffe, d’illusioni, di millantature, di finzioni condivise o fintamente condivise – dalla “sirena delle Galàpagos” del primo capitolo ai titoli derivati dell’ultimo – in nome di un principio
elementare: la ricerca della felicità. E, al lettore che voglia farsi abbindolare – perché che cos’è un romanzo, se non un mucchio di bugie? – Barbera ne offre parecchia, di felicità. (Giulio Mozzi)

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