Don Ponzio Capodoglio

Nel momento in cui la Romania ancora socialista, in base a un accordo internazionale poco pubblicizzato, lo “vende” alla Germania Federale in quanto cittadino di supposte origini sassoni (ad onta delle varie versioni del suo cognome, che sembrano rimandare piuttosto all’area mediterranea), il nobile spiantato e ingegnere Ponzio Capodoglio, allampanatissimo, viene preso da un’insana mania: vuole conoscere, a tutti i costi, le proprie origini. Comincia così – in compagnia dell’enorme moglie Sieglinde e del gatto Fiocco di Neve, e inseguito (e talvolta preceduto) dall’ambiguo spione-letterato Negrescu – una quantità di viaggi ed esplorazioni che lo portano ai quattro angoli del mondo: rimedierà delusioni, arresti, sguaiate derisioni, espulsioni, bastonate, denunce. E alla fine concluderà che quello dell’origine altro non è che un mito maligno, foriero solo di guai.
Appoggiandosi parodisticamente al Don Chisciotte cervantino (ma anche a Rabelais, a Sterne, a tutta la gloriosa tradizione del romanzo parossistico), Giorgio Pressburger dà vita a un romanzo turbinoso, folle e divertentissimo, nel quale sono allegramente spedite gambe all’aria tutte le convenzioni romanzesche.

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L’ingegnere chimico Pons Capdeuil o Chapteuill o Chapdolh o Chapdeville, italianizzato in Ponzio Capodoglio, era nato per ciò che è dato sapere a Brasov, in Transilvania. Il suo nome compare in innumerevoli documenti, ma nei vari atti veniva scritto in maniera differente. Se ne deduce dunque che potesse essere considerato alla bisogna italiano, francese o sassone. All’età di Leggi tutta la recensione

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