Cinque fantasie erotiche: Una ti riguarda
- Autore
- Jen Ciu
- Pubblicazione
- 21/04/2017
- Categorie
Cinque racconti erotici, cinque protagonisti, cinque tempi del sesso.
Primo.
“La scuola è ogni giorno. La prima volta di un rapporto sessuale, solo una volta.”
“Lei si sitema i capelli rifacendosi una coda un poco più ordinata.
Poi mi guarda come farebbe superman davanti ad una scatola di acciao e si fa cadere una spallina e poi l’altra.”
Secondo.
“Mi giro, mi tolgo la maglia e le metto un seno in bocca. Li afferra entrambi e si rimpinza come se non avesse aspettato altro da quando mi ha assunta.
Come se non avesse aspettato altro da quando è nata, a vedere la foga che ci sta mettendo.” “Non ce la faccio più. Sento il cuore che impazza sotto la tetta e dentro la gola.”
Terzo.
“E poi ti ho seguita quando ti sei allontanata per raggiungere il binario.
Non era il mio, ma lo sarebbe diventato.
Non avevo più bisogno di tornare a casa.
Tu eri la mia casa.”
Quarto.
“Io le metto una mano sulla bocca, facendola tacere.
Con l’altra cerco bottone e cerniera dei pantaloni, ma l’agitazione non mi fa beccare ne l’uno nè l’altra.
Intanto dietro, cala il silenzio. I compagni tacciono.
Qualcuno mormora, mascherano l’eccitazione col disdegno.
Me ne fotto che mi guardino.”
Quinto.
“Passa poi ad uno reggiseno di pizzo nero appeso alla sua gruccia trasparente.
Lo stacca e se lo accosta al seno.
No, dico cazzate, non se lo accosta al seno. Lo stupra.
Introduce ogni seno nella rispettiva coppa, forzandone la capienza.
Così riesco ad immaginare la forma delle sue tette sotto al maglione morbido.”
Primo.
“La scuola è ogni giorno. La prima volta di un rapporto sessuale, solo una volta.”
“Lei si sitema i capelli rifacendosi una coda un poco più ordinata.
Poi mi guarda come farebbe superman davanti ad una scatola di acciao e si fa cadere una spallina e poi l’altra.”
Secondo.
“Mi giro, mi tolgo la maglia e le metto un seno in bocca. Li afferra entrambi e si rimpinza come se non avesse aspettato altro da quando mi ha assunta.
Come se non avesse aspettato altro da quando è nata, a vedere la foga che ci sta mettendo.” “Non ce la faccio più. Sento il cuore che impazza sotto la tetta e dentro la gola.”
Terzo.
“E poi ti ho seguita quando ti sei allontanata per raggiungere il binario.
Non era il mio, ma lo sarebbe diventato.
Non avevo più bisogno di tornare a casa.
Tu eri la mia casa.”
Quarto.
“Io le metto una mano sulla bocca, facendola tacere.
Con l’altra cerco bottone e cerniera dei pantaloni, ma l’agitazione non mi fa beccare ne l’uno nè l’altra.
Intanto dietro, cala il silenzio. I compagni tacciono.
Qualcuno mormora, mascherano l’eccitazione col disdegno.
Me ne fotto che mi guardino.”
Quinto.
“Passa poi ad uno reggiseno di pizzo nero appeso alla sua gruccia trasparente.
Lo stacca e se lo accosta al seno.
No, dico cazzate, non se lo accosta al seno. Lo stupra.
Introduce ogni seno nella rispettiva coppa, forzandone la capienza.
Così riesco ad immaginare la forma delle sue tette sotto al maglione morbido.”
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