L'altra città: Un percorso partecipativo e interattivo nella realtà carceraria italiana

Il progetto artistico, culturale e sociale rappresenta una “prima assoluta” nel panorama delle iniziative culturali e formative realizzate all'interno delle carceri italiane. Un entusiasmante percorso tra didattica e creatività, un laboratorio delle idee e del fare, grazie all'apporto di quanti vivono in prima persona la reclusione, a coloro che vi operano e agli esperti che hanno contribuito alla realizzazione del progetto. Non è l'arte che entra nei luoghi di detenzione, ma è il carcere stesso che si fa opera d'arte.
L'intenzione della pubblicazione è di creare, attraverso il linguaggio dell'arte, un ponte tra vita ristretta e società civile.

“Credo che il progetto sia un'operazione unica in Italia, fortemente voluto da Lamarca (...) – afferma il teorico dell'arte Achille Bonito Oliva, curatore generale del progetto –. É un'emozione viverla, è un'emozione raccontarla. (...) Così il carcere di Taranto si trasforma in un'opera da esplorare. (...) Entra in una diversa lettura del tempo e dello spazio: inedita, minuziosa, capillare, attenta al dettaglio. Da qui, credo, può venire fuori una nuova regola dello sguardo e una nuova percezione.”
Il critico Roberto Lacarbonara scrive, nel suo saggio: “Doppio anche l'approccio autoriale da parte dell'unico artista coinvolto. Se da un lato De Mitri – non nuovo alla sperimentazione nell'ambito dell'estetica relazionale e della didattica artistica – opera attraverso il coinvolgimento e coordinamento di soggetti-non-artisti, dall'altro l'intera operazione risulta priva di un autore determinato, o addirittura antiautoriale. In questo modo i detenuti vengono coinvolti sia nel concepimento delle soluzioni allestitive che nell'ideazione stessa dell'intera operazione, generando forme collaborative finalizzate all'educazione, alla cittadinanza attiva e alla resistenza sociale, culturale e politica.”
“Il progetto L'altra città parte – scrive l'artista Giulio De Mitri – da un'idea di Giovanni Lamarca, attraversa e si fa corpo con il linguaggio dell'arte costruendo un proprio immaginario, sino a realizzarsi opera compiuta, ovvero “scultura sociale”. Un percorso esperienziale, partecipativo, interattivo e plurisensoriale che offrirà a noi tutti un ulteriore contributo culturale e di solidarietà sociale.”
“Il progetto rielabora – come afferma Giovanni Lamarca – l'esperienza di detenzione come momento di reale crescita interiore e di apertura a possibili cambiamenti.”

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