Adelmo è il Grande Santini, un comedian che si è ritirato dalle scene e vive da solo con il suo cane, il Piccolo Santini, nella vecchia casa di campagna dei genitori. Nel suo momento di splendore ha goduto del successo portato dalla radio, dalla televisione e poi dalle vendite del suo primo libro. Ma il successo dà alla testa, esalta, sfinisce e quasi sempre corrompe. Così Adelmo, dopo gli anni in cui si è trascinato fra le meschinità del jet set culturale e dello spettacolo, e dopo aver perso moltissimi amici e più di una moglie, è ora pronto a espiare le sue colpe. Ed è a questo punto che riceve una lettera minatoria. Impaurito e spiazzato - sorretto solo dal fedele amico Gilli, fumettista squattrinato e generoso - non trova soluzione migliore del chiamare in aiuto lo scrittore Livio Varani, che essendo un autore di gialli dovrebbe essere esperto in queste faccende. Ma una minaccia di morte impone sempre un bilancio, così il passato di Adelmo riaffiora, rispuntano passioni e odi sepolti, tornano sulla scena nemici e vecchi colleghi, e soprattutto si riaffaccia l'amore per Vera, ex moglie mai dimenticata, compagna e amica, che con sé porta gioie, amarezze e segreti del passato.
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Il mio cane preferisce Tolstoj è una storia sui generis, difficile anche da inquadrare in un precisa tipologia narrativa, potremmo dire che ha una trama gialla perché all’atto pratico inizia con una lettera minatoria e da lì si dipana una sorta di indagine volta a scoprire chi, tra le tante persone che possano avercela con il protagonista, sia tanto determinato a punirlo, ma allo stesso tempo non sbagliamo se diciamo che si tratta di un memoir, dal momento che la ricerca del possibile mittente della missiva si trasforma in un viaggio in un passato se pur recente.
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