Curatori d'assalto: L’irrefrenabile impulso alla curatela nel mondo dell’arte e in tutto il resto

«Un libro singolare sull’arte. Un testo essenziale e agile. Balzer ricostruisce la storia e l’attuale egemonia del cosiddetto “curazionismo”: una pratica da arredatori con manie di grandezza che predicano senza requie il loro vangelo alle masse incolte. Un’ottima lettura per chi si sente pronto a sciropparsi fatti di cui sarebbe meglio rimanere all’oscuro.» Dave HickeyIl curatore, inizialmente paladino di nuovi oggetti (l’era modernista), è diventato paladino di nuove idee (l’era concettuale) e infine paladino di se stesso in quanto avveniristica entità istituzionale: in questa evoluzione, egli ha cambiato per sempre l’avanguardia. Dai look alle playlist, dai menu gourmet ai festival canori fino addirittura ai matrimoni vip, oggi tutto è “a cura di”, e i termini “curare”, “curatore” e affini spuntano sulla bocca e nelcurriculum di chiunque voglia far leva su una qualche specificità e distinguersi dalla massa. Se ormai anche le aziende più disparate hanno adottato questa strategia della valorizzazioneestrema dei contenuti, è nel campo dell’arte che i curatori la fanno da padroni. Artefici di collettive e biennali di alto profilo cui prestano nome e volto, i vari Obrist, Christov-Bakargieve Gioni offuscano il lavoro dei singoli artisti diventando essi stessi protagonisti degli eventi che sono chiamati a guidare, divisi tra l’esigenza di intercettare i gusti del pubblico e lamissione di plasmare una nuova avanguardia. Un fenomeno iniziato negli anni novanta e propagatosi a macchia d’olio, tanto che perfino i musei, un tempo santuari sganciati dalle frenetiche emergenze del marketing, sono saliti sul carro dei curatori, pronti a propinare una fruizione premasticata dei loro tesori. Che cosa ha scatenato l’inarrestabile ascesa di questi “garanti del valore” abilissimi a promuovere anzitutto se stessi, così da apparire imprescindibili arbitri del gusto? In che modo questa figura è filtrata nella cultura di massa determinando un’iperprofessionalizzazione dei ruoli nel mondo dell’arte e un proliferare di nuovi ambiti di specializzazione?David Balzer indaga la pratica curatoriale non in quanto espressione di gusto, sensibilità e competenza avallando così il feticismo del curatore, ma ne denuncia gli eccessi diagnosticando quello che efficacemente definisce “curazionismo”: una patologia sintomatica della nostra cultura, una storia della nostra epoca.

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