Zibaldone: Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura

Oggidì le menti superiori hanno questa proprietà che sono facilissime a concepire illusioni, e facilissime e prontissime a perderle (parlo anche delle illusioni della giornata): a concepirle, per la molta forza dell'immaginazione: a perderle, per la molta forza della ragione. (26 Giugno 1820).

Passano anni interi senza che noi proviamo un piacer vivo, anzi una sensazione pur momentanea di piacere. Il fanciullo non passa giorno che non ne provi. Qual è la cagione? La scienza in noi, in lui l'ignoranza. Vero è che così viceversa accade del dolore. (2 Luglio 1821).

In ordine alle donne, diceva taluno, ho già perso due virtù teologali, la fede e la speranza. Resta l'amore, cioè la terza virtù, della quale per anche non mi posso spogliare, con tutto che non creda nè speri più niente. Ma presto mi verrà fatto, e allor finalmente mi appiglierò alla contrizione. (25 Luglio 1820).

Come nella speranza o in qualunque altra disposizione dell'animo nostro, il bene lontano è sempre maggiore del presente, così per l'ordinario nel timore è più terribile il male. (26 Marzo 1820).

Conseguito un piacere, l'anima non cessa di desiderare il piacere, come non cessa mai di pensare, perché il pensiero e il desiderio del piacere sono due operazioni egualmente continue e inseparabili dalla sua esistenza. (12-13 Luglio 1820).

La speranza non abbandona mai l'uomo in quanto alla natura. Bensì in quanto alla ragione. [...] (23 Luglio 1820).

Parecchi filosofi hanno l'abito di guardare come dall'alto il mondo, e le cose altrui, ma pochissmi quello di guardare effettivamente e perpetuamente dall'alto le cose proprie. Nel che si può dire che sia riposta la sommità pratica, e l'ultimo frutto della sapienza. (25 Maggio 1821).

Il miglior uso ed effetto della ragione e della riflessione, è distruggere o minorare nell'uomo la ragione e la riflessione, e l'uso e gli effetti loro. (13 Giugno 1821).

Il principio universale dei vizi umani è l'amor proprio, in quanto si rivolge sopra lo stesso essere, delle virtù, lo stesso amore in quanto si ripiega sopra lui, sia sopra gli altri uomini, sia sopra la virtù, sia sopra Dio, ec.

Intendo per un innocente non uno incapace di peccare, ma peccare senza rimorso. [...]

La noia è la più sterile delle passioni umane. Com'ella è figlia della nullità, così è madre del nulla: giacché non solo è sterile per se, ma rende tale tutto ciò a cui si mesce o avvicina ec. (30 Settembre 1821).

G. Leopardi, Zibaldone.

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