A chi tocca 'n se 'ngrugna: Affrontare una malattia grave di tua figlia senza perdersi d'animo

La storia raccontata in questo libro è quella di una famiglia (la nostra) che scopre che l’ultima arrivata ha una malattia dalla quale difficilmente si guarisce, nella maggior parte dei casi è mortale: un cancro cerebrale. Da quel momento in poi, ciò che ci accadde nei seguenti tre anni, tutti gli episodi e vicissitudini che abbiamo dovuto affrontare sono raccontati in questo libro. L’obiettivo non è quello di raccontare al mondo quanto siamo stati bravi e forti, e neanche quello di dare un messaggio di speranza o una serie di consigli su come fronteggiare una situazione del genere. Ognuno è così com’è e le situazione e le storie sono tutte diverse. Non c’è un modo giusto o sbagliato di affrontare questa situazione ma, come direbbe Pirandello, ce ne sono “uno, nessuno e centomila”: uno è il tuo, ciò che stai facendo; nessuno è quello giusto perché la situazione è una merda (scusate l’espressione); centomila, le storie e le famiglie a cui possono accadere questo genere di situazioni. Ogni famiglia e ogni situazione è diversa, ognuna col proprio carattere, la propria visione della vita e il proprio modo di reagire alle circostanze.
L’obiettivo di questo libro è sempre stato quello di raccontare ai miei figli tutto ciò che è successo. Non voglio che si perdano nessun dettaglio dell’evento più trascendentale della nostra famiglia e di tutto ciò che è successo dopo; di come ci ha cambiato la vita e perché. Voglio che trovino qui tutte le risposte alle domande che in questi anni si sono fatti nel loro subconscio. Ma voglio anche che lo leggano, che non si annoino nel trovarsi davanti cifre e numeri, che non si intristiscano leggendo ciò che abbiamo patito nel ricevere certe notizie e che non abbandonino questa storia a metà “perché è una palla e so già come va a finire”. Voglio che lo leggano tutto, che si divertano leggendolo, che arrivino fino in fondo e che alla fine capiscano il messaggio principale: quando c’è un problema bisogna cercare di risolverlo e qualsiasi sforzo dedicato ad altro (auto-commiserazione, deprimersi, dare la colpa al destino) non è altro che sprecare il nostro tempo e le nostre forze. Per ora sono ancora troppo piccoli per questo libro, ma arriverà il momento.
Ma perché questa espressione incarna lo spirito del libro? Poteva essere “Elisa, la principessa guerriera”, oppure “Entrare (e uscire) da un tunnel oscuro” o qualcosa di simile, ma si sarebbe perso il motivo per il quale l’ho scritto: insegnare ai miei figli che davanti ad un problema (disgrazia) la cosa importante è che tutti gli interessati restino uniti, tirarsi su le maniche e cercare di risolverlo, con lo stesso sorriso e lo stesso spirito che sempre ci hanno guidati. Bisogna fare “buon viso a cattiva sorte” perché, come dicono a Roma, “a chi tocca ‘n se ‘ngrugna”.

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