Bora: Istria, il vento dell'esilio
- Autore
- Anna Maria Mori
- Pubblicazione
- 25/01/2018
Cos’è stato davvero l’esodo istriano del secondo dopoguerra? Come ha cambiato la fisionomia e le sorti di un territorio? E come ha stravolto le vite dei molti esuli e di quei pochi che scelsero di rimanere?
Nemmeno il tempo è stato capace di cancellare il trauma subito, che via via è riemerso dalle pieghe della storia per andare incontro a una dolorosa rielaborazione. Anna Maria Mori, che con la famiglia lasciò la nativa Pola per l’Italia, ha sentito il bisogno di ripercorrere quelle vicende attraverso il confronto epistolare con Nelida Milani, che a suo tempo scelse invece di restare, rinunciando alla lingua, a molti affetti, alle consuetudini di un mondo che, con ferocia, veniva snaturato. Il dialogo che anima queste pagine restituisce intatta, a distanza di settant’anni, la condizione di estrema fragilità e spaesamento, il dolore di un popolo diviso, il sofferente vissuto di entrambe le parti: l’umanità dei «rimasti» e quella degli «andati». Gli aneddoti si confondono con la cronaca, le riflessioni si intrecciano alla memoria, in un viaggio dentro e fuori di sé, nei ricordi da confrontare con altri ricordi, e nei chilometri sulla costa o all’interno dell’Istria.
Mentre gli spettri dell’esilio e dell’intolleranza sembrano incombere nuovamente sull’Europa e sul mondo intero, appare più che mai necessario fare i conti con questa storia e con gli interrogativi che ancora la accompagnano, perché, scrive Guido Crainz nella prefazione, «ci parla anche (e talvolta soprattutto) dell’Italia. Della sua insensibilità di allora e dei decenni che sono seguiti. Del suo non essere realmente nazione, perché altro sarebbe stato l’animo di una nazione vera».
«Questo è il libro da cui ho imparato di più.
È stato per me – ed è stato e sarà per molti –
una grande lezione di storia. Anche perché è in primo luogo una grande lezione di sofferente umanità» (Guido Crainz)
«Non è vero che io, e tutti i trecentocinquantamila esuli istriani, siamo, eravamo, borghesi e fascisti. Non è vero che tutta l’Istria era slava e doveva tornare alla Jugoslavia. Non è vero che tutta la mia gente è solo nostalgica e irredentista» (Anna Maria Mori)
«E se foste rimasti? Se con astuta pazienza foste rimasti in Istria, a casa vostra, le vostre case, le vostre stalle, le vostre campagne, i vostri appartamenti, non sarebbero stati occupati. Tutti i liberatori se ne sarebbero andati, uno dopo l’altro» (Nelida Milani)
Nemmeno il tempo è stato capace di cancellare il trauma subito, che via via è riemerso dalle pieghe della storia per andare incontro a una dolorosa rielaborazione. Anna Maria Mori, che con la famiglia lasciò la nativa Pola per l’Italia, ha sentito il bisogno di ripercorrere quelle vicende attraverso il confronto epistolare con Nelida Milani, che a suo tempo scelse invece di restare, rinunciando alla lingua, a molti affetti, alle consuetudini di un mondo che, con ferocia, veniva snaturato. Il dialogo che anima queste pagine restituisce intatta, a distanza di settant’anni, la condizione di estrema fragilità e spaesamento, il dolore di un popolo diviso, il sofferente vissuto di entrambe le parti: l’umanità dei «rimasti» e quella degli «andati». Gli aneddoti si confondono con la cronaca, le riflessioni si intrecciano alla memoria, in un viaggio dentro e fuori di sé, nei ricordi da confrontare con altri ricordi, e nei chilometri sulla costa o all’interno dell’Istria.
Mentre gli spettri dell’esilio e dell’intolleranza sembrano incombere nuovamente sull’Europa e sul mondo intero, appare più che mai necessario fare i conti con questa storia e con gli interrogativi che ancora la accompagnano, perché, scrive Guido Crainz nella prefazione, «ci parla anche (e talvolta soprattutto) dell’Italia. Della sua insensibilità di allora e dei decenni che sono seguiti. Del suo non essere realmente nazione, perché altro sarebbe stato l’animo di una nazione vera».
«Questo è il libro da cui ho imparato di più.
È stato per me – ed è stato e sarà per molti –
una grande lezione di storia. Anche perché è in primo luogo una grande lezione di sofferente umanità» (Guido Crainz)
«Non è vero che io, e tutti i trecentocinquantamila esuli istriani, siamo, eravamo, borghesi e fascisti. Non è vero che tutta l’Istria era slava e doveva tornare alla Jugoslavia. Non è vero che tutta la mia gente è solo nostalgica e irredentista» (Anna Maria Mori)
«E se foste rimasti? Se con astuta pazienza foste rimasti in Istria, a casa vostra, le vostre case, le vostre stalle, le vostre campagne, i vostri appartamenti, non sarebbero stati occupati. Tutti i liberatori se ne sarebbero andati, uno dopo l’altro» (Nelida Milani)
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