Fabrizio De André un'ombra inquieta. Storia di un pensatore anarchico

Se nella vasta bibliografia proliferata su De André lo si è più volte strattonato in iperboliche interpretazioni, lasciar parlare i suoi pensieri è forse il modo migliore per riportare la sua persona e la sua arte al suo centro: la riflessione anarchica, controcorrente alle mode e alle più fatue tendenze. Quella che Fabrizio ha codificato in musica, voce e parole è un’epica libertaria, che indica tutte le strade che abbiamo ancora da percorrere per un’esistenza più vera.Fabrizio De André ci ha lasciato un gran numero di parole. Non solo nelle canzoni ma in centinaia di appunti, riflessioni e pensieri, annotati su quaderni o taccuini, fogli sparsi, o sui suoi libri - di letteratura, saggistica, agronomia - che utilizzava come veri e propri strumenti di lavoro. Molti di questi frammenti appaiono a volte privi di sistematicità e coerenza: ma a un’analisi attenta si rivelano invece le bozze, gli schizzi delle sue meditazioni, il punto di partenza e di arrivo di moltedelle sue canzoni.«E' come se qualcuno dettasse e tu fossi un copista, chiamato a dar voce al mistero».In De André l'ispirazione estemporanea è nutrita e temperata da uno studio profondo e da un meticoloso lavoro di composizione e rifinitura.Il fil rouge del suo lavoro, dell’intera sua arte, è sempre l’anarchia: rappresentata, descritta e cantata attraverso personaggi, esperienze e atmosfere ostinate e contrarie, quasi si trattasse – per chi ascolta – di una “piccola scuola”, che insegna i valori di un’umanità nuova, più vera, più autonoma, forse più sacra. Federico Premi (Verona, 1983), laureato in filosofia e linguaggi della modernità e in filologia e critica letteraria all’università di Trento, è docente presso l’istituto tecnico per il turismo di Arco (Trento). Suoi scritti sono apparsi su diverse riviste; del 2010 è il saggio Il concetto di onestà nell'opera di Carlo Michelstaedter e del 2015 il volume Nell’officina di Satanasso. L’anticlericalismo in Trentino tra Otto e Novecento. La prima edizione di questo libro (uscita per Il Margine) ha vinto il Premio Biella. Un libro per lo spettacolo 2011.

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