Il Dada(ismo) ovvero dada non significa nulla

Nella stordente detonazione di esternazioni e di visibilità che ci circonda, quale posto può trovare oggi un libro sul vibrante ed insignificante urlo dada? Quale interesse può suscitare un movimento che inneggiò al gioco, alla pace, all’iperbole, all’indifferenza, al caso, all’indomabile insensatezza, al silenzio?
L’epoca in cui nasce Dada è un’epoca di disgregazione, di annientamento – sociale, morale ed economico – simile alla nostra.
La risposta di Dada è una parola di flessibilità e di trasformazione, rappresenta la capacità di aprirsi al mondo senza perdersi, di comprendersi parlando lingue diverse, d’incontrarsi senza annullarsi.
Dada è la ricerca di una verità profonda: quella che sospinge verso l’abbattimento di ogni certezza e di ogni verità. Rappresenta l’assoluto vuoto di pensiero: sola chance per la creazione di qualcosa di davvero nuovo e rigenerante.
La sillabazione incerta di Dada suscita oggi il sogno di risvegliarci oltre i nostri programmi di separazione, quelli che ancora ci alienano da noi e da tutto.

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