Cinacittà: Memorie del mio delitto efferato (Einaudi. Stile libero big)

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Cinacittà: Memorie del mio delitto efferato (Einaudi. Stile libero big)
Autore
Tommaso Pincio
Editore
EINAUDI
Pubblicazione
01/12/2010
Valutazione
1
Categorie
Rinchiuso nel carcere di Regina Coeli, un uomo indolente e apatico cerca di capire come si è compiuto il suo destino.
Le cose procedevano per il meglio, prima di essere arrestato e additato dalla stampa come un brutale assassino. Amministrando oculatamente il modesto capitale della sua liquidazione, aveva trovato il modo di condurre una personalissima versione della «dolce vita». Frequentava la Città Proibita, un go-go bar di quella che un tempo era la Capitale. Passava nottate intere sorseggiando birre ghiacciate e contemplando i corpi nudi di giovani danzatrici. Un'esistenza abitudinaria, forse anche un po' squallida, ma a lui piaceva. Aveva imparato ad accontentarsi. Poi tutto è cambiato. L'incontro con uno strano cinese lo ha trasformato nella pedina inconsapevole di un piano diabolico e tutto è finito in un bagno di sangue.

Nel Sud del mondo i cambiamenti climatici sconvolgono i ritmi di vita provocando esodi di massa. L'invenzione di una moneta globale scatena una crisi economica rendendo tutti piú poveri. La vita non è piú la stessa. I soli che sembrano adattarsi senza problemi sono i cinesi, nelle cui mani è finita ogni cosa, giustizia compresa. In questo scenario da apocalisse, uno dei pochi romani rimasti nell'Urbe racconta con amara ironia come sia possibile che un uomo qualunque precipiti agli inferi senza quasi accorgersene.
Una folla di personaggi irresistibili - l'improbabile sporchissimo avvocato Trevi, la bella e silenziosa Yin, Giulio il nemico dei poteri forti e Wang, maestro nell'arte della manipolazione - accompagna l'«ultimo dei romani» lungo il suo viale del tramonto.

«Tutti andavano via, ma io sono rimasto qui, nell'eterna canicola, come un animale raro in mezzo a migliaia di bestie cinesi tutte uguali, abbrutendomi nelle cavità della notte, facendo cose che prima manco mi sognavo, portando alla morte chi non lo meritava.
Per farla breve, mi sono reso responsabile di un delitto efferato».

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Roma è una città rimasta senza romani. Per Via Veneto corrono risciò e anziani cinesi in canottiera bianca, davanti ai vecchi baluardi della mondanità capitolina. La Dolce Vita è un ricordo lontano, una frase sbiadita su un muro che nessuno si cura di leggere. In quell’anno senza inverno l’afa attanaglia le rovine e i palazzi storici, gli abitanti di un tempo si sono Leggi tutta la recensione

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