La donna che pensava di essere triste (quisiscrivemale)

In una città senza tempo e senza nome, la donna che pensava di essere triste cerca chi possa cucirle la coperta di tristezza di cui ha bisogno.Una piccola folla di personaggi, non si sa se reali o immaginari, si rivela più prodiga di consigli che di aiuto: animali parlanti, sarti collezionisti, figli che abitano in un trafficato supermercato dei sogni, un monumento di bronzo annoiato e girovago. Le giornate si popolano di presenze che sembrano avere le sembianze della protagonista. Parti di lei che si sono staccate in un tempo dimenticato continuando a vivere da sole, per conto loro, scelgono quel preciso momento per riapparire. Anche le notti sono ricche di avvenimenti: sogni, visioni, incontri si susseguono.Il racconto si snoda pienamente nella realtà e allo stesso tempo in una leggera, impercettibile, perfetta sfasatura.In un’epoca in cui quello che è vero sembra non avere più alcun privilegio sul falso, questo libro ci propone l’accesso a un mondo “diversamente credibile”, come sempre ha fatto la letteratura: uno dei tanti mondi che affiancano le nostre giornate affannate e distratte. Un racconto-labirinto scritto in una lingua all’apparenza pacata, talvolta teneramente comica e malinconica, un’indagine che svela i retroscena nella vita di una donna volutamente qualsiasi e ci rammenta che dove crediamo di percepire qualcosa, spesso stiamo solo ricordando.

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Mangialibri

La donna che pensava di essere tristeMangialibri

“C’era una volta”, così come negli incipit delle fiabe, una donna. Una donna che pensa di essere triste. La sua tristezza ha la forma di tondi e di losanghe, incastra le forme, crea una coperta che la avvolga e la protegga dal mondo esterno. La donna comprende perfettamente che la sua tristezza la rende, paradossalmente, più gentile con tutti gli altri. Parla con la gente, Leggi tutta la recensione

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