La crisi del mondo moderno: Marx, Gramsci, Bauman, Sandel

Il mondo mi ha dato da pensare fin dal principio. Le suore dell’asilo mi hanno costretto, con le buone e con le cattive, a battere le mani a un direttore che non conoscevo, e i figli piccoli dei capi ‘ndrangheta mi hanno teso, ridendo e gridando, mille imboscate con le fionde. Per fortuna poi i maestri delle elementari e i professori delle medie mi hanno rivelato che il mondo continuava oltre il Mare Ionio e l’Aspro Monte, e non era stato sempre così, aveva una lunga storia e si trasformava ogni tanti secoli da una civiltà in un’altra. Ma che si potesse cambiare, il mondo, l’ho capito solo cominciando a leggere Marx, verso la fine del liceo.

Infine all’università ho scoperto Gramsci, e ho cominciato a capire come si produce l’incessante movimento storico, e chi è il vero autore di questa continua trasformazione. (Voi lo sapete come e chi?) Da allora e fino ad ora che tengo settanta anni suonati non ho smesso più di ricercare, di studiare, di scrivere articoli e saggi e libri, per dare un contributo alla traversata dal vecchio mondo che non vuol morire al nuovo mondo che non si decide a nascere.

Indago e cerco di spiegare i fenomeni e i fatti osservando la realtà economica e sociale e politica e culturale, e vedendo e sentendo documentari e film e leggendo e annotando libri ed ebook di ogni genere di autori, senza escludere i sociologi come Bauman, e i filosofi morali come Sandel.

La mia conclusione provvisoria – la scienza è sempre provvisoria, o non è scienza – è che in questo periodo storico il mondo si va trasformando più velocemente e profondamente che nei secoli moderni ed è in corso una battaglia intellettuale e morale tra coloro che interpretano la crisi come un’influenza che sta passando e coloro che la interpretano come un tumore maligno che ci sta distruggendo, un braccio di ferro tra i disfattisti, che stanno alla finestra a guardare, e i costruttori, che scendono in strada a fare.

“Non è puro disfattismo trovare che tutto va male e non indicare criticamente una via d’uscita da questo male? Un 'intellettuale' ha un modo d’impostare e risolvere il problema: lavorando concretamente a creare quelle opere scientifiche di cui piange amaramente l’assenza, e non limitarsi a esigere che altri lavori.” (Gramsci,Quaderni del carcere)

P.M., ottobre 2018 – via Labicana in Roma.

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