I peccati dei padri. Negazionismo turco e genocidio armeno

Nel 1915 il governo dell’Impero Ottomano cominciò a scacciare gli armeni dalle terre dove i loro antenati avevano vissuto da tempi immemorabili. Gli uomini furono uccisi; donne, vecchi e bambini furono deportati nella parte più inospitale del deserto siriano, del tutto inadatta al vivere umano.
Ma la pulizia etnica nell’Armenia occidentale era solo una parte del progetto dei Giovani Turchi per l’intera Anatolia. Lo scopo finale era in realtà di trasformare quelle terre nella «terra avita del popolo turco» (il cosiddetto vatan), un luogo dove la cultura, l’economia e la gente fossero tutti turchi. Questo progetto fu attuato su larga scala in ogni direzione, con impressionante determinazione e violenza.

La Turchia odierna sta ancora cercando di costruire il suo vatan, proseguendo così il genocidio iniziato dai turchi ottomani, e continuando a negare, di fatto, che questo abbia avuto luogo. Coprire un crimine vuol dire prolungarne gli effetti.

In I peccati dei padri Nash-Marshall mette in rapporto l’assoluto disprezzo dei fatti e delle genti, del territorio e della storia che è caratteristica comune sia del genocidio nel 1915 che dell’attuale negazionismo turco, con la vacua sprezzante indifferenza alla realtà fattuale che si diffonde sempre di più nel mondo moderno.

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