Con il piede giusto (Vite inattese)

Dieci anni dopo l’addio al calcio, Vikash Dhorasoo decide di raccontare il proprio viaggio nell’élite del pallone. Francese di seconda generazione, anticapitalista – anche se «nel calcio le persone di sinistra sono una manica di stronzi» –, cresciuto a Le Havre nel quartiere multietnico di Caucriauville, tra effluvi di curry e fritture, Dhorasoo è sempre stato una voce fuori dal coro. Esordisce nella Ligue 1 con la squadra della sua città, poi passa al Lione, al Milan e al Psg. Dopo l’addio di Zidane, Domenech lo schiera addirittura in nazionale, prima di rispedirlo in panchina quando il numero 10 annuncia il suo ritorno nei blues. E da lì Vikash guarderà quasi tutto il mondiale del 2006, nella vana attesa di un riscatto che non ci sarà. Un’esperienza raccontata senza peli sulla lingua nel documentario «Substitute», con cui si aliena le simpatie di molti colleghi. Un personaggio dai mille volti, Dhorasoo: cineasta, commentatore tv, giocatore di poker. Un rossonero che gira a Milanello con «la Repubblica» sottobraccio. Che entra da un fiorista e viene scambiato per un accattone. Un individualista in uno sport di squadra dove il gruppo attenua il dolore delle sconfitte, anche se «resta il fatto che se non giochi, non puoi perdere». Un utopista, un mattatore dentro e fuori dal campo, fondatore del movimento Tatane che si batte per un calcio gioioso e sostenibile. «Ma tu chi sei? Ti credi Zizou?» gli ha chiesto una volta un tifoso. «No, non mi credo Zizou, ma Vikash Dhorasoo».

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