Il catasto onciario di Condojanni (1746)

L’analisi del catasto onciario di Condoiani, condotta da Alessio Bruno Bedini nelle pagine che seguono, si colloca in un filone di ricerca, oramai ben consolidato, che da alcuni decenni ha visto numerosi e insigni studiosi meridionali dell’età moderna - da Pasquale Villani e Augusto Placanica2 in poi - prendere in considerazione in modo sistematico e approfondito la preziosa fonte costituita dai catasti onciari redatti, in tutto il territorio del Regno di Napoli, sotto la spinta riformista introdotta da Carlo III di Borbone, intorno alla metà del XVIII secolo. Distrutta gran parte dei precedenti e più antichi catasti del Regno, a causa dei danni provocati al patrimonio documentario dell’Italia meridionale dal secondo conflitto mondiale, i catasti carolini sono divenuti di fatto una fonte rara e preziosa, ricca di una messe considerevole di dati, non solo di carattere fiscale, ma anche economico e sociale, sebbene limitata al Settecento. In questo contesto trova ampia ragion d’essere il lavoro di Bedini. Si tratta di una ricerca svolta analizzando il catasto di Condoianni, il capoluogo di un’antica contea della Calabria Ulteriore, che nel corso dell’età moderna conobbe una profonda e irreversibile crisi che dal piano prettamente demografico si estese anche ad altri ambiti, come quello socioeconomico, verso il quale si rivolge di solito l’indagine storica quando esamina documenti di carattere catastale. Questa crisi, certamente in controtendenza rispetto alla maggior parte dei centri dell’area in cui si ritrova inserito, avrebbe portato Condoainni a perdere persino l’autonomia amministrativa a favore di Sant’Ilario, un suo antico casale oggi sede delle autorità municipali.Alessio Bruno Bedini ha certamente condotto un buon lavoro, approfondendo adeguatamente la quasi totalità delle prospettive di ricerca consentite dalla tipologia del documento che ha studiato. Egli ha saputo collocare il catasto di Condoianni nel contesto storico riformista in cui il documento è stato concepito e redatto, tenendo presente il clima del quale questo e simili catasti sono figli. L’analisi operata da Bedini, insieme a ricerche analoghe già edite ed a quelle che certamente vedranno la luce nei prossimi anni per altre aree e centri, completerà quella visione d’insieme di cui ancora oggi si avverte la mancanza; questa mancanza è forse alla base di alcune divergenze che tuttora caratterizzano la storiografia che si è occupata del catasto onciario napoletano.

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