Guerra in tempo di bagni: racconto

Dall’incipit del libro:
— Ma quest’omnibus è tornato, sì o no?
— Non ancora, signor conte.
— Pure, il diretto dovrebb’essere già arrivato da mezz’ora!
— Lei sa bene che un treno in orario ha sempre mezz ’ora di ritardo, tanto più se è un diretto .
Il conte Giorgio Tibaldi mormorò tra le labbra una parola italiana, che somigliava alquanto al sinonimo d’un accidente, poi escì dall’atrio del Grand Hôtel e si fermò sopra l’ampia gradinata, a fumare rabbiosamente una favorita , guardando, spazientito e distratto, il Tirreno troppo turchino e troppo tranquillo, in desolante monotonia, e la rotonda di Pancaldi, popolata di sonnolenti leggitori di giornali, di mamme industriose, assorte nei lavori di uncinetto, nell’ombra dei larghi tendoni, che riparavano dai raggi torridi, non dai fastidiosi riflessi d’un sole tremendo che pareva l’ira di Dio. Ogni tanto, il bagnino Tenebrone, con le carni del colore del bronzo, traversava la rotonda e, col sorriso ebete e cortese, diceva a qualche signo ra, toccando rispettosamente il cappello di paglia:
— Signora Teresina, la baracca è pronta.

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